Fisco e contabilità

Dopo il Def decreto da 5 miliardi su caro materiali, energia ed enti locali

Nel provvedimento anche più garanzie sul credito e freno al costo dei materiali

di Marco Rogari e Gianni Trovati

Ci sarà anche un aumento dei fondi per le garanzie sul credito nel nuovo decreto aiuti che il governo ha intenzione di avviare entro la fine del mese, subito dopo la chiusura del cammino parlamentare del Def che sarà approvato con le risoluzioni entro il 21 aprile. Nel frattempo per avere più tempo oggi un decreto ministeriale ha allungato fino al 2 maggio il taglio di 25 centesimi alle accise (30,5 centesimi con l’Iva), come ha spiegato il ministro dell’Economia Daniele Franco. Perché tra i compiti del provvedimento in arrivo c’è anche lo stop al rincaro secco che arriverebbe il giorno dopo senza nuove misure. Il decreto, il terzo nell’arco di due mesi, potrà poggiare sui circa 5 miliardi resi disponibili dai saldi di finanza pubblica senza ricorrere allo scostamento. Cifra non certo stellare se confrontata con i 5,7 miliardi al mese di extracosto energetico appena stimati dalle imprese: ma giustificata dal governo con la necessità di muoversi per gradi in un contesto volatile come non mai, e con la speranza che un intervento comune europeo assuma davvero una forma compiuta e operativa in tempi non troppo lunghi, fra maggio e giugno.

A confermare numeri e contenuti del decreto in arrivo è proprio il Def. Grazie a una cassa messa in una salute migliore del previsto dal trascinamento della crescita 2021 e a un deflatore del Pil che con la spinta inflattiva aiuta nei calcoli, il deficit di quest’anno sarebbe avviato secondo il governo verso il 5,1% del Pil. Si tratta di 5 decimali meno rispetto al 5,6% programmato con la Nadef di ottobre: la differenza vale 9,5 miliardi.

Non tutti, però, possono essere spesi per nuove misure. Il Def ha infatti anche il compito di liberare i fondi ministeriali congelati a inizio marzo per 4,5 miliardi sul 2022 con una mossa indispensabile per il decreto taglia-prezzi (il numero 17/2022). Al netto di questa ipoteca rimangono 5 miliardi. Che devono muoversi sui filoni resi inevitabili dalla crisi energetica e sul terreno ampliato dall’ultima revisione delle regole Ue sulla concorrenza. Proprio dall’ennesimo aggiornamento del Temporary Framework arriva la necessità di rafforzare le coperture sulle garanzie per il credito. Nel quadro aggiornato ieri dalla task force governativa che monitora l’andamento delle garanzie si legge che le moratorie sui prestiti ancora attive valgono circa 44 miliardi, mentre sale a oltre 221 miliardi il valore delle richieste al fondo di garanzia Pmi e i prestiti garantiti dalla Sace hanno raggiunto i 32,3 miliardi. Numeri ancora importanti a due anni dall’inizio della pandemia. Che oggi vanno rivitalizzati con le nuove deroghe.

Negli spazi ridotti messi a disposizione dai saldi di finanza pubblica il dossier credito dovrà però condividere le risorse con altri tre filoni di intervento, indicati dal governo nel Def.

Il primo è ovvio, e contempla gli «ulteriori interventi per contenere i prezzi dei carburanti e il costo dell’energia». Sotto questa etichetta, oltre al nuovo colpo di forbice sulle accise dovrebbe finire una replica degli aiuti per i settori più colpiti, dall’autotrasporto all’agricoltura e misure per gli enti locali a partire dalle Città metropolitane come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri. Sempre lì si farà largo la copertura contro il rincaro dei prezzi dei materiali che mette a rischio appalti e Pnrr (servizio a pagina 4). Ma i soldi serviranno anche alle spese per l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina e per le aziende italiane più colpite dal conflitto. Con un’impostazione selettiva necessitata da una copertura tutt’altro che ampia.

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