Il CommentoAmministratori

Elezioni, in Calabria alle urne l'11 aprile ma per gli altri appuntamneti ancora incertezza

di Ettore Jorio

Il Covid ha stravolto la vita del pianeta. Ha cambiato le abitudini del vivere comune. Ha modificato finanche le aspirazioni, private e pubbliche. Ha scombussolato le famiglie in relazione alle gerarchie affettive, avvertite nel nostro Paese molto più che altrove. Non solo. Ha fatto di più.

La messa in soffitta delle elezioni
Ha prodotto la perdita di significato del dovere civico di esprimere il consenso elettorale, persino quello riguardante la scelta dei decisori locali. É come se l'appuntamento con le urne non interessasse più ad alcuno, fatta eccezione per chi ha in animo di candidarsi. Capita di sentire parlare meno persino degli importantissimi appuntamenti elettorali riguardanti cinque Città metropolitane su dieci, compresa la Capitale. Sembrano essere spariti dai palinsesti televisivi i confronti che dovrebbero riguardare l'elezione dei sindaci di Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. Per non parlare degli altri 1.260 Comuni, tra i quali quindici capoluoghi di provincia, Trieste compresa.
Persino, il rinnovo del consiglio regionale calabrese, l'unico in atto nel corrente anno, con in testa l'elezione del successore della compianta Jole Santelli, è sino a oggi passato sottogamba, tra un assurdo andirivieni di date. Da quella fissata del 14 febbraio 2021, secondo le leggi ordinarie, a quella finalmente decisa per il prossimo 11 aprile 2021, a mente del massimo termine consentito dall'articolo 8 del Dl 150/2020.

Il virus che ha cambiato la vita
Insomma, l'epidemia in atto, che ci ha rubato un anno di vita ordinaria e che ci comporterà una inaudita sofferenza nell'attesa del turno vaccinale di ciascuno, ha inciso profondamente nel rapporto cittadini/istituzioni territoriali. I primi impauriti come non mai, colpiti negli affetti più cari e impegnati nelle loro preoccupazioni per la sopravvivenza. Le seconde, nella provvisorietà rappresentativa che impedisce l'esercizio del loro più importante ruolo: la determinazione degli indirizzi politico-programmatici sui quali fondare gli obiettivi e le attività per assicurare alle collettività le funzioni fondamentali e le prestazioni essenziali.

Tanti problemi per il governo di enti locali (e Calabria)
In questa incresciosa situazione occorre che Governo e Regioni, in attuazione dei loro ruoli legislativi, rintraccino celermente delle soluzioni, senza le quali si rischierebbe la paralisi ovvero, alternativamente, un diffuso esercizio abusivo delle funzioni pubbliche. Si avrebbero, quindi, subito dopo la scadenza del mandato e ad libitum, sindaci, giunte e consigli emarginati nella ordinaria amministrazione. Stessa cosa capiterebbe alla Calabria, che di problemi ne ha già tantissimi per suo conto, con un presidente - peraltro facente funzioni e, dunque, non direttamente legittimato nel ruolo dai calabresi - e una giunta regionale costretti a violare il limite legislativo, non si sa fino a che punto legittimamente esercitato sino a oggi, dei propri poteri di esercizio istituzionale. Con un consiglio regionale redivivo nonostante il suo intervenuto scioglimento obbligatorio perfezionato lo scorso 11 novembre.

Occorre una nuova forma di espressione democratica
A fronte di tutto questo bailamme, tenuto conto che la campagna vaccinale avrà bisogno di tempi lunghi, che di certo impegneranno (se va bene) la gran parte dell'anno in corso, necessita pensare a una qualche riparazione dell'altrimenti violato diritto della collettività di scegliere liberamente il proprio ceto governativo territoriale. Con questo, l'eventuale opzione di esercitare l'espressione del voto in modalità diverse dalle solite e certamente da potersi perfezionare non già attraverso il consenso da concretizzare fisicamente nelle urne, infrequentabili nelle attuali condizioni di disagio epidemico.
Una opzione difficile ma necessaria, pena il ricorso al voto di elettori che andranno così, in difetto, di poco al di sopra di una percentuale a una cifra. E ancora. Con un sistema autonomistico che, nella consistente misura del 16%, rimarrebbe in mano ad amministratori scaduti, molto dei quali non più rieleggibili ovvero non più condivisi dalle rispettive comunità, conseguentemente con poteri non legittimati, rispettivamente, dall'attuale ordinamento e dai voleri popolari.
La posta certificata, per esempio, consentirebbe soluzioni sino a ieri neppure immaginabili, peraltro rispettose di situazioni di profonda illegittimità, tali da determinare annullamenti a cascata degli eventualmente intervenuti esperimenti elettorali (si veda Enti locali & Edilizia del 29 dicembre 2020).