I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Enti locali verso la contabilità accrual dal 2026: imparare dall'esperienza

di Luciano Benedetti (*) - Rubrica a cura di Anutel

È denso di nuove sigle e acronimi il cammino fissato dall'articolo 9 del Dl 152/2021 che ha inteso «dotare le pubbliche amministrazioni italiane di un sistema unico di contabilità economico patrimoniale». Il percorso è delineato in attuazione della Direttiva 2011/85/Ue del Consiglio Ue, per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (Ipsas/Epsas); ed è incluso come riforma 1.15 nel piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Il Mef ha nominato già nel 2020 un apposito organo tecnico indipendente di 15 componenti, denominato Standard setting board (Ssb), per elaborare proposte relative a principi e standard contabili ispirati al modello accrual. Nello scorso mese di aprile lo Ssb ha inviato alla commissione Arconet un primo documento, di carattere piuttosto generale, denominato "Statuizione del quadro concettuale"; la commissione ha emesso un proprio articolato parere come previsto dal citato articolo 9 comma 16.

Il percorso va quindi avanti e fra i responsabili finanziari degli enti locali, già messi duramente alla prova dall'"armonizzazione" degli anni appena trascorsi, serpeggia una certa inquietudine nei riguardi della nuova riforma contabile.

La contabilità comunale/provinciale è tutt'ora essenzialmente finanziaria, con bilancio di previsione di carattere autorizzatorio, e l'annuncio del passaggio all'economico-patrimoniale non rappresenta una novità assoluta. Con una battuta potremmo dire che l'annuncio ritorna con modalità diverse ma con un ritmo quasi regolare ogni 15-16 anni:
• il Dpr 421/1979 fece il primo timido accenno, introducendo l'«illustrazione dei dati consuntivi dalla quale risulti il significato amministrativo ed economico dei dati stessi»;
• il Dlgs 77/1995 portò all'obbligatorietà del conto economico e dello stato patrimoniale, ma con la possibilità degli enti di usare «il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze» e con l'ausilio quasi sempre prezioso del «prospetto di conciliazione»;
• il Dlgs 118/2011 ha poi introdotto il principio della cosiddetta «competenza finanziaria potenziata» cercando - con controverso esito - di avvicinare le due contabilità;
• il futuro assetto dal 2026 può rappresentare l'occasione per un salto di qualità, per il quale è indispensabile non ripetere gli errori del recente passato.

L'attuale assetto della contabilità "armonizzata", infatti, malgrado alcuni indubbi passi avanti rispetto al precedente, appare agli operatori eccessivamente complesso e macchinoso, frequente fattore di rallentamenti operativi (specialmente sugli investimenti), di difficile lettura e di scarsa utilità per i decisori. Come eloquente esempio, si pensi ai provvedimenti plurimiliardari di emergenza Covid-19 attuati dalla Stato a favore degli enti locali, quasi sempre basati sulle sole misurazioni di cassa e non sulla «competenza potenziata». Quest'ultimo principio è tutt'oggi oggetto di diffuse critiche, non solo dal punto di vista operativo ma anche concettuale, come recentemente su questa testata (13 giugno 2022).

Per quanto riguarda l'attuale significatività del conto economico degli enti locali rispetto ai documenti finanziari, peraltro, il confronto dei rispettivi risultati finali ne mostra in moltissimi casi i limiti. Si può citare a proposito come esempio, fra gli altri, il caso di un grande ente che a consuntivo presenta un equilibrio finanziario complessivo negativo per 124 milioni di euro e un risultato finanziario di amministrazione disponibile negativo di 2,465 miliardi di euro, di poco migliore di quello dell'anno precedente; e il cui conto economico presenta nel contempo un vistoso utile di esercizio di + 688 milioni di euro, pari al 31 per cento dei ricavi della gestione.

Per molti operatori degli enti locali gli attuali principi contabili sembrano, in molti casi, essersi determinati più come una somma che una sintesi delle diverse istanze delle componenti presenti in Arconet; l'auspicio odierno è che lo Ssb e la commissione sappiano cogliere lo spunto per una radicale semplificazione ed efficientamento contabile per gli enti locali. La commissione, nel suo recente parere, ha peraltro dichiarato «di non essere pregiudizialmente contraria al rafforzamento della contabilità economico patrimoniale rispetto alla contabilità finanziaria, fino all'adozione della sola contabilità economico patrimoniale. Ma segnala che l'attuazione di questi scenari richiede un impegno rilevante del legislatore nazionale al fine di garantire l'adeguamento dell'ordinamento contabile pubblico (…) al fine di garantire: la sperimentazione della riforma; la formazione degli operatori; una semplificazione del sistema contabile complessivo, se la riforma 1.15 del Pnrr sarà attuata conservando la contabilità finanziaria».

Nella pubblica amministrazione locale la contabilità economico-patrimoniale è adottata da tempo da molti e importanti soggetti, fra gli altri gli enti del Ssn, le università, le Cciaa. L'eventuale definitivo passaggio degli enti alla contabilità economico-patrimoniale non deve pertanto rappresentare un tabù. Gi enti locali hanno certamente delle peculiarità aggiuntive di cui si deve tener conto, quali ad esempio l'ampia diversificazione delle attività svolte e la forte presenza di beni demaniali e di patrimonio artistico-culturale (heritage) che inducono importanti problemi di valutazione.

I rappresentanti delle associazioni di categoria degli enti territoriali hanno richiesto in sede Arconet che il costo della nuova riforma contabile sia posto a carico dello Stato. Qualunque saranno le conclusioni in merito, alla luce della recente esperienza ci permettiamo in proposito di lanciare qui una riflessione sulla prospettiva di una piattaforma di contabilità unificata per gli enti locali. In questi anni, la messa a regime di varie piattaforme obbligatorie ha determinato dei positivi ritorni sugli enti in termini di efficienza, pur con qualche difficoltà iniziale: è il caso di Sdi e di Siope, nel tempo anche di Bdap; molto meno della Pcc. L'adozione di una piattaforma contabile unica, da progettare per tempo e da implementare con grande attenzione, eliminerebbe a nostro giudizio uno dei molti fattori di complicazione e di costo per gli enti, soprattutto i Comuni più piccoli; abbasserebbe nettamente la curva di apprendimento dell'innovazione contabile per gli operatori; faciliterebbe l'utilizzo omogeneo dei futuri principi contabili; accelererebbe la trasmissione dei dati agli organismi di controllo. La perdita di autonomia degli enti sarebbe, in questo caso, piuttosto modesta e, riteniamo, costituzionalmente giustificabile dalle motivazioni di superiore interesse di coordinamento della finanza nazionale.

(*) Componente consiglio generale Anutel

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