Fisco e contabilità

Fondo crediti di dubbia esigibilità riducibile nel 2020-2021

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di Stefano Baldoni (*) - Rubbrica a cura di Anutel

La legge bilancio 2020, recentemente approvata in prima lettura dal Senato, ha introdotto due nuove deroghe alla determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità, facendo seguito a quanto già avvenuto negli anni passati. Questa volta la «tradizionale» riduzione della quota minima di accantonamento ha portata pluriennale, riguardando gli anni 2020 e 2021. Inoltre, accanto ad essa, viene introdotta la possibilità di rideterminare l'accantonamento a fronte del registrato miglioramento della capacità di riscossione.

Determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità e le deroghe 2019
Il principio contabile applicato della contabilità finanziaria stabilisce che l'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità deve essere operato nella misura minima determinata sulla base del conteggio risultante dall'applicazione delle regole contenute nel medesimo principio. Tuttavia, fino al 2020, il principio prevedeva la possibilità di accantonare solo una quota di questo limite minimo, quota crescente nel tempo, fino ad arrivare all'85 per cento nel 2019, al 95 per cento nel 2020 ed al 100 per cento dal 2021.
Nel 2019 la legge di bilancio (articolo 1, comma 1015, legge 145/2018) consentì ai Comuni di ridurre questo accantonamento minimo al 80 per cento della quota calcolata con le regole del principio contabile, mediante variazione di bilancio, qualora fosse stato rispettato l'indicatore di tempestività di pagamento dell'anno 2018 e fosse stato pagato almeno il 75 per cento delle fatture ricevute e scadute nel 2018. Inoltre, il debito commerciale residuo scaduto alla data del 31 dicembre 2018 doveva essersi ridotto di almeno il 10 per cento rispetto a quello dell'anno 2017, ovvero essere nullo o formato da soli debiti oggetto di contestazione. Gli enti che non rispettavano tutte le precedenti condizioni potevano comunque ridurre la quota minima di accantonamento al fondo, qualora l'indicatore di tempestività dei pagamenti calcolato al 30 giugno 2019 dimostrasse il rispetto dei termini di pagamento, qualora l'ente avesse provveduto al pagamento di almeno il 75 per cento dei debiti sorti e scaduti nel primo semestre 2019 e ancora a condizione che il debito residuo al 30 giugno 2019 si fosse ridotto di almeno il 5 per cento rispetto a quello al 31 dicembre 2018 (ovvero fosse nullo o formato da soli debiti oggetto di contestazione).

La prima deroga alla quota minima per il 2020-2021
L'emendamento approvato in prima lettura dal Senato introduce nella legge di bilancio la possibilità di ridurre il fondo anche per gli anni 2020 e 2021 alla misura del 90 per cento della quota determinata nell'allegato al bilancio di previsione (invece del 95 per cento del 2020 e del 100 per cento del 2021, anche se superiore ai limiti dell'85 per cento - 80 per cento previsti per il 2019), mediante variazioni da adottare nel corso del 2020 e del 2021, rispettivamente ai bilanci 2020-2022 e 2021-2023. A condizione però che nell'esercizio precedente (rispettivamente il 2019 ed il 2020):
• il debito commerciale residuo al 31/12 si sia ridotto di almeno il 10 per cento rispetto all'anno precedente (ovvero che sia non superiore al 5 per cento del totale delle fatture ricevute nel corso del medesimo esercizio);
• gli enti presentino un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti, calcolato sulle fatture ricevute e scadute nell'anno, rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dall'articolo 4 del decreto legislativo 231/2002.
Da notare che quest'ultimo è diverso dall'indicatore di tempestività dei pagamenti previsto del Dpcm 22 settembre 2014, in quanto è calcolato sulla base delle sole fatture ricevute e scadute nell'anno di riferimento e non anche sulla base di tutte le fatture pagate nel corso del medesimo anno, a prescindere dalla data di ricezione o di scadenza delle stesse. Si tratta dell'indicatore che secondo la nota Ifel del 21 novembre 2019 comprende sia le fatture scadute nell'anno (pagate o non pagate) e sia le fatture non scadute ma pagate nell'anno.
La norma sembra ammettere la possibilità di operare la riduzione del fondo solo in variazione e nel corso dell'anno, poiché è necessario disporre dei dati definitivi dell'anno 2019 per verificare il rispetto delle condizioni di legge. In proposito, tuttavia, per l'analoga norma dell'anno 2019, l'Ifel aveva già commentato (nota del 09 gennaio 2019) che in presenza dello spostamento dei termini per l'approvazione del bilancio di previsione (come anche per il 2020 con Dm 13 dicembre 2019, pubblicato sulla Gu del 17 dicembre 2019), gli enti possono considerare la misura ridotta già in sede di predisposizione del bilancio di previsione approvato dopo il 1° gennaio. Anche se occorre rilevare che nella norma della legge di bilancio 2020 si fa riferimento all'accantonamento quantificato nell'allegato al bilancio riguardante in fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si deve tuttavia osservare che, a fronte delle deroga sulla quota minima accantonabile nel bilancio di previsione, non si registra al momento alcuna deroga all'obbligo di accantonamento integrale della quota minima in sede di rendiconto. Pertanto, gli enti dovranno tenere in debita considerazione la necessità di disporre di tutte le risorse necessarie a fine esercizio per evitare di evidenziare un risultato negativo sulla parte disponibile del risultato di amministrazione.

La seconda deroga alla quota minima
Con un'ulteriore modifica alle regole ordinarie, tenuto conto della riforma della riscossione delle entrate degli enti locali introdotta nello schema di legge di bilancio (la quale tra le altre cose prevede che anche gli avvisi di accertamento degli enti locali abbiano immediatamente efficacia esecutiva, senza necessità della successiva notifica del titolo esecutivo), gli enti che nel triennio 2020-2022 registreranno un'accelerazione delle riscossioni in conto residui e in conto competenza delle entrate oggetto della riforma, potranno ridurre il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato in bilancio di previsione riferito alle predette entrate in base al rapporto tra gli incassi complessivi (conto competenza e conto residui) e gli accertamenti che si prevede di realizzare alla fine dell'esercizio di riferimento. Il tutto previo parere dell'organo di revisione.
In sostanza, gli enti che nel corso dell'anno dovessero registrare un miglioramento del tasso di riscossione delle proprie entrate (complessivo, considerando quindi non solo gli incassi in conto competenza, come invece avviene nel normale calcolo storico della quota minima da accantonare al fondo), in seguito agli effetti della nuova riforma, possono sin dal medesimo anno, ridurre l'accantonamento al fondo, sulla base del dato che prevedono di raggiungere in termini di tasso di riscossione (migliorato). Ovviamente questa circostanza andrà oggettivamente documentata, al fine di ottenere il parere favorevole dell'Organo di revisione.

(*) Vice presidente Anutel - Docente Anutel

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