Appalti

Gare, il Consiglio di Stato amplia la valutazione di equivalenza dei prodotti offerti

Spetta alla stazione appaltante valutare il peso delle difformità rispetto alle richieste del bando

di Pietro Verna

L'equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nelle specifiche tecniche della legge di gara deve essere provata dall'operatore economico e non può essere demandata alla stazione appaltante, fatta salva l'ipotesi di prodotti comunemente presenti sul mercato e di utilizzo comune, nel qual caso la stazione appaltante può autonomamente valutare se, nonostante la difformità rispetto a quanto richiesto dalla legge di gara, il prodotto offerto possa essere comunque considerato equivalente. Diversamente opinando, si violerebbe l'articolo 68, comma 2, del codice dei contratti pubblici ( «Le specifiche tecniche devono garantire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all'apertura dei contratti pubblici alla concorrenza»). Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 7 gennaio 2021, n.65 secondo cui «il principio di equivalenza deve essere applicato considerando la tipologia di prodotto previsto in sede di gara ed offerto come equivalente, in ragione della sua complessità e, quindi, della possibilità per la Commissione di evincere con immediatezza tale equivalenza».

La sentenza di Palazzo Spada
La vicenda trae origine dall'esito della gara indetta dall'Azienda ospedaliera di Cuneo per l'affidamento servizio di lavaggio, noleggio, distribuzione raccolta di biancheria per una durata di 36 mesi ed un valore complessivo di 4.35 milioni. L'aggiudicazione era stata impugnata dall'impresa seconda classificata dinanzi al Tar Piemonte che, al fine di decidere, aveva ritenuto necessaria la nomina di un verificatore per valutare la conformità dell'offerta ai requisiti del capitolato. Il verificatore, dopo aver raccolto le controdeduzioni dei verificatori di parte, aveva asseverato che «il prodotto risulta pienamente conforme alle richieste del capitolato per alcune proprietà, non conforme per altre proprietà» con la precisazione che «la differenza è minima, verosimilmente trascurabile». Nonostante tale valutazione, il Tar aveva annullato la gara con il rilievo che «il giudizio di equivalenza – non effettuato dalla Commissione di gara e in assenza della produzione di documentazione, da parte del concorrente – sarebbe stato illegittimamente rimesso al solo giudice amministrativo». Tesi che non ha colto nel segno.

Il Consiglio di Stato ha confermato l'orientamento secondo il quale:

- la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile che rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis, fermo restando che, una volta che la commissione abbia proceduto in tal senso, tale valutazione può essere inficiata solo qualora se ne dimostri l'erroneità (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 25 marzo 2020, n. 7404;);
- negli appalti di fornitura, la produzione in sede di offerta delle schede tecniche dei prodotti è generalmente ritenuta idonea a consentire alla stazione appaltante lo svolgimento del giudizio di idoneità tecnica dell'offerta e di equivalenza dei requisiti del prodotto offerto alla specifiche tecniche (Consiglio Stato, Sez. V, sentenza 25 marzo 2020, n. 2093);
- la valutazione di equivalenza trova un oggettivo e invalicabile limite nella sostanziale difformità del bene offerto rispetto alle caratteristiche tecniche richieste, circostanza che giustifica l'esclusione dalla gara (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 29 marzo 2018, n. 2013).

Principi che l'Alto Collegio ha ribadito con la sentenza n. 8315 del 13 dicembre 2021, che ha respinto l'appello proposto dalla società seconda classificata che aveva denunciato la non conformità della fornitura offerta dall'impresa aggiudicataria rispetto alle specifiche tecniche previste nel capitolato di gara. Giurisprudenza oscillanteL'orientamento evocato dalla pronuncia in narrativa non è unanimemente condiviso. Basta citare la sentenza del Consiglio di Stato n. 2991 dell' 8 maggio 2019 secondo cui le caratteristiche tecniche dei beni oggetto della prestazione d'appalto, una volta definite all'interno della lex specialis di gara, «diventano vincolanti ed immodificabili non solo per gli operatori economici che intendano partecipare alla procedura concorrenziale, dovendo ad esse conformare il contenuto delle proprie offerte, ma pure per la stessa stazione appaltante». Senza considerare che in tal senso si era espressa la giurisprudenza risalente all'abrogato codice degli appalti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 11 luglio 2016, n. 3029: il principio di equipollenza vincola l'amministrazione solo qualora il bando di gara, il capitolato d'oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un'origine o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti).

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