Appalti

Gare, il Tar Toscana dà l'ok alla sostituzione in corsa dell'impresa che perde i requisiti

Restituito all'Ati del Consorzio Medil l'appalto Autostrade da 317 milioni per la terza corsia dell'A1 tra Firenze Sud e Incisa

di Mauro Salerno

Ok alla sosituzione in corsa dell'impresa (mandante, non capogruppo) che perde i requisiti durante la gara d'appalto. Il Tar Toscana cambia impostazione rispetto a una decisione presa soltanto poche settimane prima dal Consiglio di Stato, proponendo una soluzione molto più favorevole alle imprese della lettura delle norme - più volte modificate - che sovrintendono alla possibilità di modificare la composizione dei raggruppamenti con cui le imprese decidono di partecipare alle gare d'appalto. La decisione ha anche una ricaduta di rilevo sul mercato dei grandi cantieri che scarseggiano negli ultimi mesi: in ballo c'è la maxigara da 317 milioni bandita ad aprile 2018 (quasi tre anni fa) da Autostrade per la realizzazione della terza corsia sull'A1 nel tratto tra Firenze Sud e Incisa.

Il maxi appalto è stato in un primo momento aggiudicato all'Ati del Consorzio Medil (capogruppo, con i consorzi stabili Sac e Valori nel ruolo di mandanti) poi esclusa in blocco per la contestazione di un illecito professionale al consorzio Valori. Di qui la scelta di Aspi di aggiudicare al secondo classificato, il raggruppamento Cmb-Itinera. Decisione ora ribaltata dal Tar, con la sentenza n. 217/2021 pubblicata il 10 febbraio.

Tutta la questione ruota intorno all'interpretazione da dare ad alcuni passaggi del codice appalti (articolo 48, i commi dal 17 al 19-ter) modificati dal Correttivo del 2017. Dall'interpretazione di questi commi scaturisce la possibilità (o meno) di sostituire in corso di gara uno dei concorrenti, in caso di perdita di uno dei requisiti di carattere generale dopo la presentazione dell'offerta.

Con una sentenza di poche settimane fa (n.833 del 28 gennaio 2021) la Quinta sezione di Palazzo Spada aveva optato per un'interpretazione restrittiva delle norme, escludendo questa possibilità in corso di gara e riservandola di fatto alla fase esecutiva. Con la pronuncia attuale, il Tar prende una strada diversa allinandosi a una pronuncia precedente della Terza sezione di Palazzo Spada, che concede ai raggruppamenti di restare in corsa semplicemente sostituendo il concorrente caduto in fallo.

La vicenda
A sollevare la questione era stata la decisione di Autostrade per l'Italia di escludere dalla gara l'Ati Medil - risultata prima in graduatoria con un punteggio tecnico di 69,9 punti (su un massimo di 70) e un ribasso del 17,87% - dopo aver contestato al Consorzio Valori (partecipante all'Ati con una quota del 10%) gravi illeciti professionali relativi a questioni insorte in precednti appalti. Di qui la scelta di aggiudicare al secondo classificato Cmb-Itinera, con il conseguente ricorso promosso da Medil . Secondo la ricostruzione effettuata dal consorzio, infatti, l'Ati Medil, già in corso di procedura, aveva chiesto di sostituire il Consorzio Valori, coinvolto in una serie di contestazioni con Autostrade «con reciproci addebiti di inadempimento», senza però ricevere risposta, fino alla scelta di escludere tutto il raggruppamento.

A tre anni dal bando ancora niente cantieri
Per quanto si tratti di lavori da centinaia di milioni non si può non fare un cenno alla durata della procedura, che in qualche modo dà ragione ai costruttori quando fanno notare che «bando non vuol dire cantiere». In questo caso l'avviso risale all'aprile 2018. Le operazioni di gara si sono concluse a novembre 2019 con l'indicazione del primo classificato. Poi è scattata la fase di verifica di congruità dell'offerta del gruppo guidato dal consorzio Medil: c'è voluto un altro anno. Tra novembre e dicembre 2020 aggiudicazione contestata e ricorsi. Conclusione: a quasi tre anni dal bando è ancora lontano il tempo di emissione della prima fattura. E chissà se è finita qui o se non sarà necessario superare un altro round di fronte al Consiglio di Stato.

La sentenza
Il Tar, intanto, ha bocciato la lettura di Autostrade, che ha negato la sostituzione in gara del Consorzio Valori, interpretando le norme nel senso che il cambio per perdita di requisiti in gara non sarebbe ammesso per la perdita di uno dei requisiti generali e che questa fattispecie sarebbe invece relegata alla fase esecutiva del contratto, quindi a cantiere già aperto.

Per i giudici del Tar Toscana, invece, la ratio della modifica introdotta dal Correttivo appalti del 2017 «è quella di apportare una deroga al principio dell'immodificabilità alla composizione dei raggruppamenti, al fine di evitare che un intero raggruppamento sia escluso dalla gara a causa di eventi sopraggiunti comportanti la perdita dei requisiti di ordine generale da parte di un'impresa componente. Dunque, l'obiettivo del legislatore è quello di garantire la partecipazione degli operatori "sani" costituiti in raggruppamento, evitando che la patologia di un operatore travolga ingiustamente anche gli altri, salvaguardando al contempo l'interesse pubblico della stazione appaltante a non perdere offerte utili».

Resta fermo che la modifica della composizione del gruppo non deve essere finalizzata a sostituire un'impresa priva dei requisiti di qualificazione. Essendo però chiaro, precisano i giudici «che non si configura tale ipotesi nei casi di sopravvenuta carenza dei detti requisiti, dovendosi distinguere fra "mancanza" originaria e "perdita" sopravvenuta di un requisito già sussistente alla data della domanda di partecipazione».

Illogico distinguere tra fase di gara e esecuzione
Ma la sentenza dice di più. E spiega che escludere un intero raggruppamento per la perdita di un requisito da parte di uno solo dei componenti del gruppo sarebbe illogico, anche alla luce delle intero quadro normativo. Non si capirebbe infatti perché il codice permetterebbe di sostituire un'impresa - mandate di un Ati - colpita da interdittiva antimafia o fallimento anche nel corso di gara, mentre dovrebbe impedirne il cambio in corsa per un'ipotesi ben meno grave come qualla di un illecito professionale. Per i giudici «non è ravvisabile alcuna ragione che possa giustificare la diversità di conseguenze sulla permanenza nella gara, tra l'ipotesi in cui una impresa del raggruppamento sia investita da una procedura fallimentare o venga raggiunta da una interdittiva antimafia magari per fatti gravissimi (casi in cui sarebbe pacificamente consentita la modificazione in corso di gara del raggruppamento) e quella in cui una mandante sia interessata dalla perdita di un altro requisito di carattere generale per la sopravvenienza di un Durc negativo o di un accertamento da parte della stazione appaltante del compimento di un grave illecito professionale civilistico, come nel caso di specie; una tale differenziazione sarebbe evidentemente contraria ai principi ragionevolezza, uguaglianza, proporzionalità e logicità».

«Se si deve guardare all'intenzione del legislatore - aggiungono allora i giudici - , appare quindi più logico ritenere che il Dlgs correttivo abbia inteso concedere la possibilità di modifica soggettiva dei raggruppamenti, sia in fase di esecuzione, sia in fase di gara, in caso di vicende patologiche sopraggiunte che colpiscono un componente e che ne determinano la perdita di alcuno dei requisiti di ordine generale». «Anche a livello pratico e operativo - conclude la sentenza - un tale principio, ad avviso del Collegio, pare di più facile applicazione». Per questo motivo «la rimodulazione della composizione del Consorzio ricorrente avrebbe dovuto essere consentita dalla stazione appaltante previa apertura di un dialogo procedimentale». Conseguenza? Riammissione dell'Ati Medil e bocciatura dell'aggiudicazione al secondo classificato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©