Appalti

Gare e conflitto di interessi, dai soggetti coinvolti alle soluzioni: mini-guida per le Pa

Focus su un tema molto dibattuto ma poco approfondito: ecco cosa c'è da sapere

di Roberto Mangani


Il tema del conflitto di interessi nell'ambito delle procedure di gara disciplinate dal Codice dei contratti pubblici presenta molti aspetti problematici, ancora non compiutamente approfonditi, specie sotto il profilo della corretta delimitazione dell'ambito applicativo dell'istituto.

La norma di riferimento fondamentale è contenuta all'articolo 42 del D.lgs. 50/2016. In particolare, assume rilievo la previsione del comma 2, secondo cui il conflitto di interessi si configura quando il personale della stazione appaltante - o di un prestatore di servizi che opera per la stazione appaltante – che interviene nelle procedure di aggiudicazione o può influenzarne il risultato è portatore di un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità o indipendenza. Viene poi operato un rinvio alle situazioni di conflitto di interessi codificate dall'articolo 7 del Dpr 62 del 2013.

A completamento di questa norma si pone poi la previsione dell'articolo 80, comma 5, lettera d), che sancisce l'esclusione del concorrente la cui partecipazione alla gara determini una situazione di conflitto di interessi ai sensi dell'articolo 42, non diversamente risolvibile.
Occorre poi considerare le indicazioni contenute nelle Linee guida Anac n. 15 del 5 giugno 2019, corredate dal relativo Parere del Consiglio di Stato n.667 del 5 marzo 2019, che offre importanti chiavi interpretative di lettura dell'istituto.

L'ambito di applicazione
Come visto, l'articolo 42 configura il conflitto di interessi con esclusivo riferimento alla situazione in cui si trova il personale dell'ente appaltante, portatore di un interesse finanziario, economico o più genericamente personale potenzialmente idoneo ad alterare il corretto svolgimento della procedura di gara. In altri termini, la possibilità di configurare un conflitto di interessi passa esclusivamente per la condizione in cui si trova il personale dell'ente appaltante (o di un prestatore di servizi che opera per conto dell'ente appaltante). Questa condizione provoca una interferenza tra la sfera istituzionale dell'ente appaltante e quella personale del funzionario pubblico, tale da far sì che le decisioni che richiedono imparzialità di giudizio siano adottate da un soggetto che abbia, anche solo potenzialmente, interessi privati in contrasto con l'interesse pubblico.

Tali interessi privati possono essere di natura finanziaria, economica o personale, intendendosi questi ultimi come quelli derivanti da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o anche solo frequentazione abituale con i partecipanti alla procedura di gara.
Inoltre, in virtù del richiamo operato all'articolo 7 del Dpr 62/2013, la situazione di conflitto di interessi si configura anche quando sussistono gravi ragioni di convenienza.

Come si vede, nella definizione della nozione di conflitto di interessi vengono richiamati concetti ampi e talvolta anche generici. La mera possibilità di influenzare il regolare svolgimento della procedura di gara richiama l'elemento della potenzialità del conflitto; la nozione di interesse personale è ampia e dai contorni indefiniti; infine, le gravi ragioni di convenienza possono ricomprendere fattispecie varie ed eterogenee.

Ne consegue che la concreta definizione dei singoli casi in cui ricorre il conflitto di interessi è lasciata a un'opera interpretativa dai margini molto ampi. Ciò crea delle indubbie criticità, tenuto anche conto che dalla ritenuta sussistenza di una situazione di conflitto di interessi deriva l'obbligo di astensione del personale che ne è portatore e che la mancata astensione costituisce fonte di responsabilità disciplinare, amministrativa e anche penale.

I soggetti potenzialmente portatori del conflitto di interessi
Come visto, l'articolo 42 fa riferimento, quale possibile portatore del conflitto di interessi, al "personale" dell'ente appaltante. Le linee guida Anac hanno precisato che l'espressione va riferita non solo ai dipendenti in senso stretto - cioè ai lavoratori subordinati – ma anche a tutti coloro che, in base a un valido titolo giuridico, legislativo o contrattuale, siano in grado di impegnare l'ente appaltante o rivestano comunque un ruolo tale da poterne influenzare l'attività.

In questo senso, ad esempio, qualora l'ente appaltante non sia un soggetto pubblico in senso stretto, si ritiene che siano potenzialmente portatori di un conflitto di interessi i membri degli organi di amministrazione e controllo dell'ente appaltante, ma anche gli organi di governo degli enti pubblici qualora adottino atti di natura gestionale (in questo senso si è espressa anche la giurisprudenza, Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415).
Peraltro, la definizione del personale idoneo a determinare una situazione di potenziale conflitto di interessi deve essere interpretata in senso ampio anche con riferimento all'attività svolta. Si può quindi trattare di dipendenti che, pur non essendo titolari di funzioni decisorie determinanti, sono comunque in possesso di informazioni di interesse o sono in grado di operare nelle fasi meramente operative della procedura, ancorché attraverso lo svolgimento di attività meramente materiali ed esecutive (Parere Consiglio di Stato 667/2019).

Il conflitto di interessi come causa di esclusione dei concorrenti
La seconda norma contenuta nel D.lgs. 50 relativa al conflitto di interessi è quella dell'articolo 80, comma 5, lettera d). Essa prevede che sia escluso dalla gara il concorrente la cui partecipazione determinerebbe una situazione di conflitto di interessi ai sensi dell'articolo 42, a condizione che la stessa non sia diversamente risolvibile.
Si tratta di una causa di esclusione che potremmo definire riflessa, nel senso che si riflette sul concorrente – determinandone l'eventuale esclusione dalla gara – una situazione cui lo stesso è estraneo, nel senso che non ha contribuito in alcun modo a crearla, dipendendo dall'ente appaltante e, in particolare, dal personale che fa capo a quest'ultimo.

Proprio tenendo presente tale contesto, la corretta lettura di questa causa di esclusione impone di non penalizzare il concorrente in relazione a una situazione rispetto alla quale lo stesso si pone come soggetto passivo.

In quest'ottica, va particolarmente valorizzato l'inciso secondo cui l'esclusione opera solo se il conflitto di interessi non è altrimenti risolvibile. Coerentemente, le Linee guida Anac precisano che tale esclusione può essere disposta, come extrema ratio, solo quando sono assolutamente e oggettivamente impossibili soluzioni organizzative idonee a rimuovere la situazione di conflitto, quali la sostituzione del dipendente in conflitto, l'avocazione dell'attività al responsabile del servizio o, più in generale, il ricorso a formule organizzative diverse.

In questi termini, si deve ritenere che la causa di esclusione debba operare in via residuale, proprio per non ledere ingiustificatamente la posizione del concorrente che, nel voler partecipare alla gara, esercita un suo diritto che ha anche copertura costituzionale. Diritto che verrebbe illegittimamente sacrificato se si consentisse di escluderlo in relazione a un conflitto di interessi cui lo stesso è estraneo e che deve in linea generale trovare soluzione in azioni organizzative poste in essere dall'ente appaltante, che quella situazione di conflitto ha generato per mezzo del suo personale.

La partecipazione alla gara di una società partecipata/controllata dall'ente appaltante
Sullo sfondo del conflitto di interessi resta la questione, molto dibattuta, in merito alla legittimità della partecipazione alla gara di una società collegata o controllata dall'ente appaltante.

Secondo la tesi di chi vede anche in questa fattispecie una forma di conflitto di interessi, tale partecipazione, in sé considerata, determinerebbe una situazione di favore per la società collegata o controllata rispetto agli altri concorrenti, derivante anche da una possibile asimmetria informativa.

Questa ipotesi tuttavia, come costantemente rilevato dal giudice amministrativo, non è in alcun modo riconducibile alla fattispecie delineata dall'articolo 42 del D.lgs. 50, né trova regolamentazione in alcuna altra norma del Codice dei contratti pubblici.

Come ampiamente illustrato, l'articolo 42 incentra la sua disciplina esclusivamente su un conflitto di interessi che si esaurisce nella sfera del personale dell'ente appaltante. Cosicché, per farla rientrare in tale disciplina, si dovrebbe sostenere che il personale, agendo nell'interesse dell'ente appaltante, potrebbe per ciò stesso favorire la società controllata. Ma ciò avverrebbe comunque non per un interesse proprio del personale ma per interesse di un terzo (la stazione appaltante). E proprio in relazione a tale ultimo profilo, appare evidente che si tratta di una forzatura interpretativa che va al di là della lettera della norma.
Ne consegue che il tema della legittimità - o, al contrario del divieto – della partecipazione alla gara di una società collegata o controllata dall'ente appaltante non può essere affrontato e risolto in termini di eventuale conflitto di interessi, come disciplinato dall'articolo 42 del D.lgs. 50.

In questo senso si è espresso ripetutamente il giudice amministrativo. In particolare è stato affermato che l'articolo 42 si riferisce testualmente a situazioni conflittuali in cui si trova il solo personale della stazione appaltante, senza che tale disposizione possa essere estesa alle società partecipate o controllate dalla stazione appaltante (Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3401). Ad analoga conclusione è pervenuto lo stesso Consiglio di Stato, Sez. V, 17 aprile 2019, n. 2511, in cui il giudice ha peraltro evidenziato come la partecipazione alle gare delle società collegate/controllate dall'ente appaltante è esplicitamente ammessa dal TU sulle società a partecipazione pubblica.

Infine, più recentemente è intervenuta la pronuncia sempre del Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2020, n. 2864, che ha ritenuto legittima la partecipazione alla gara di una società indirettamente controllata dall'ente appaltante. Ciò anche in base alla considerazione secondo cui l'eventuale aggiudicazione a favore di detta società aumenterebbe le qualificazioni della stessa, con un conseguente suo incremento di valore.

Proprio quest'ultima notazione suggerisce tuttavia qualche ulteriore considerazione sul tema. È indubbio che il quadro normativo evidenzia due dati: il primo è che la disciplina del conflitto di interessi delineata dall'articolo 42 non è idonea a regolamentare la fattispecie; la seconda è che nel Codice dei contratti pubblici non vi è alcuna diversa norma che si occupa del tema. Ciò detto, non appare così pacifico che una limitazione della partecipazione alle gare delle società collegate/controllate dall'ente appaltante non possa derivare dai principi generali di trasparenza e di par condicio che governano lo svolgimento delle procedure a evidenza pubblica.

Vi sono infatti almeno due profili rispetto ai quali il pieno rispetto di tali principi va attentamente valutato. Il primo deriva dalla possibile asimmetria informativa, che potrebbe conseguire a un accesso privilegiato alle informazioni relative alla gara da parte di un soggetto il cui socio di riferimento è l'ente appaltante. Il secondo profilo riguarda la possibile alterazione del giudizio che l'ente appaltante potrebbe subire proprio in relazione alla convenienza di favorire un soggetto di cui lo stesso è azionista, nell'ottica di procacciare occasioni di lavoro e quindi di aumentare il valore stesso della società partecipata.

In definitiva, non si può escludere che la partecipazione alla gara di una società collegata/controllata dall'ente appaltante possa configurare una situazione di conflitto di interessi da valutare alla luce dei principi generali di trasparenza e par condicio, e quindi in un'accezione totalmente diversa da quella codificata dall'articolo 42 del Dlg. 50.

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