Personale

I dipendenti hanno diritto al buono pasto se la mensa non è facilmente raggiungibile

Sproporzionato pretendere che chi è in servizio presso una sede fuori dall'abitato cittadino debba entrare in città

di Amedeo Di Filippo

L'impossibilità di accedere alla mensa, rilevante ai fini della sussistenza del diritto al buono-pasto, sussiste anche quando raggiungerla richiederebbe ai lavoratori un sacrificio eccessivo. È per questo sproporzionato pretendere che i dipendenti in servizio presso una sede fuori dall'abitato cittadino debbano entrare in città per usufruire della mensa. Lo afferma la seconda sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5007/2023.

Il fatto
È stata impugnata la sentenza con cui il Tar ha accolto il ricorso proposto da un gruppo di dipendenti della Polizia volto a censurare la decisione dell'amministrazione di erogare i buoni pasto esclusivamente ai lavoratori il cui turno sia considerato incompatibile con il raggiungimento della mensa di servizio presso gli uffici della Questura. L'appello si fonda sul fatto che l'attribuzione del buono-pasto sarebbe stata consentita solo in assenza del servizio mensa o di una convenzione con ristoranti gestiti da privati e che i dipendenti avrebbero potuto raggiungere la Questura in tempi congrui, anche perché il pranzo non sarebbe consumato in un intervallo tra due turni con obbligo di rientro al lavoro ma al termine della prestazione o prima d'iniziarla.

Le norme
L'ufficio interessato rientra tra le "sedi disagiate" presso le quali l'articolo 1 della legge 203/1989 prevede la costituzione di «mense obbligatorie di servizio». Nell'impossibilità di istituirne una, il ministero, ai sensi dell'articolo 55 del Dpr 782/1985, provvede, in ordine di preferenza, alla stipula di convenzioni con altre amministrazioni o enti pubblici dello Stato, all'appalto del servizio, alla stipula di convenzioni con esercizi privati, con oneri a proprio carico. L'articolo 35 del Dpr 254/1999 infine stabilisce che, qualora ricorrano le condizioni di cui sopra, è possibile provvedere tramite la concessione di un buono-pasto giornaliero.

L'accesso alla mensa
La seconda sezione del Consiglio di Stato concorda con la tesi del Tar secondo cui spetta all'amministrazione valutare se attivare una mensa presso la sede di servizio o se stipulare una convenzione con un servizio di ristorazione o se riconoscere al personale il buono pasto. E che qualora l'accesso alla mensa non sia possibile e non siano state stipulate convenzioni con altri enti pubblici per l'uso della loro mensa o con ristoranti privati, ai lavoratori spetta il buono-pasto quale unica soluzione in concreto disponibile. Per quanto concerne la possibilità di accedere alla mensa, secondo i giudici questa deve essere valutata secondo il criterio di buona fede, per cui l'impossibilità di accedervi sussiste anche quando raggiungerla richiederebbe ai lavoratori un sacrificio non proporzionato. Così come nel caso di specie, in cui è da considerarsi «ragionevolmente sproporzionato» – si legge nella sentenza – pretendere che i dipendenti in servizio presso una sede posta al di fuori dall'abitato cittadino debbano entrare in città per usufruire della mensa costituita presso la Questura – dove non avrebbero altro motivo di recarsi – per poi andare o tornare in servizio oppure rientrare a casa, dato che l'amministrazione non assicura loro la fruizione del pasto nelle vicinanze del luogo di lavoro. Per cui, in considerazione della distanza e dei tempi di percorrenza, devono essere riconosciuti i buoni-pasto ai dipendenti dalla cessazione della erogazione fino all'effettiva attivazione di una soluzione che consenta loro di consumare il pasto presso la sede di lavoro o altra struttura nelle vicinanze e agevolmente raggiungibile.

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