Urbanistica

Il Comune non può negare l'accesso agli atti se la richiesta è circostanziata

Tar Sardegna: anche l'eventuale inesistenza dei documenti richiesti non giustifica il silenzio sull'istanza

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di Davide Madeddu

Il Comune non può negare l'accesso agli atti, al cittadino che ne faccia richiesta, quando sono determinati e mirano alla tutela concreta dei propri interessi e diritti. È uno dei motivi indicati nella sentenza 257/2022 con cui il Tar di Cagliari ha accolto il ricorso (numero 47) di un abitante di Budoni contro il Comune.

La vicenda è presto riassunta. Attraverso il propiro legale di fiducia, un cittadino formula istanza di «accesso a documenti amministrativi necessari per poter tutelare la propria posizione giuridica di proprietario di alcune aree». Nella premessa, l'uomo, che rimarca di essere proprietario dell'area oggetto della questione dal 1 ottobre del 1970 «specifica che il terreno in questione era stato attualmente occupato (asserisce senza titolo) da opere eseguite dall'amministrazione comunale». Da qui la richiesta al Comune di Budoni «di provvedere al risarcimento del danno causato dall'occupazione illegittima fino al momento della restituzione, nonché alla reintegrazione in forma specifica mediante l'immediata rimessione in pristino dei luoghi».

Nell'istanza presentata al Comune il ricorrente chiede di avere copia di tutti gli atti e documenti relativi all'esecuzione delle opere sull'area in questione (eventuali delibere o determine di approvazione, elaborati tecnici, ecc.) per poter tutelare i propri interessi. Dall'amministrazione nessun riscontro, «né in riferimento alla richiesta di risarcimento e restituzione del bene, né con riferimento all'istanza di accesso agli atti». Quindi nuova richiesta cui non segue alcuna risposta dal Comune.

Ricorso al Tar
Per i giudici amministrativi «il rifiuto di accesso agli atti, implicitamente opposto dal Comune, è illegittimo. Il ricorrente è proprietario dal 1970 del terreno - scrivono i giudici -. Dovendo agire a tutela del diritto di proprietà di quest'area , che è stata occupata dall'amministrazione comunale (con l'installazione di lampioni di illuminazione pubblica, di pavimentazione in asfalto e cemento, e di un marciapiedi), avvenuta, si afferma, orientativamente, nell'anno 2010, il ricorrente ha diritto di conoscere gli atti ed i documenti relativi alle opere pubbliche che sono state eseguite da parte del Comune». Per i magistrati la conoscenza di questi documenti è «essenziale per poter tutelare i propri interessi e per promuovere eventuali azioni giudiziarie».

«L'obbligo di riscontro, esplicito, da parte del Comune - scrivono ancora i giudici amministrativi - sussiste sia in riferimento agli atti detenuti, sia alle eventuali informazioni attinenti all'eventuale assenza, anche, parziale, dei provvedimenti». Non è tutto. Ricordando che il Comune aveva risposto che alcuni documenti non esistono, i giudici sottolineano che «l' (eventuale) inesistenza dei documenti richiesti non giustifica il silenzio serbato dal Comune sulla richiesta di accesso, avendo il medesimo violato l'obbligo di pronunciarsi (positivamente o negativamente, qualora i provvedimenti legittimanti i lavori non esistano) nel termine di trenta giorni dal ricevimento dell'istanza». I giudici, poi, rimarcano che «il diritto di accesso deve essere garantito a seguito della sola dimostrazione, da parte dell'istante, dell'esistenza di un proprio interesse giuridico meritevole di tutela.

Non sussiste, dunque, una causa di legittima esclusione del diritto di accesso della ricorrente in relazione agli atti richiesti, che sono determinati (e non generici indefiniti ed imprecisati), e non hanno natura meramente esplorativa, ma mirano alla tutela concreta dei propri interessi e diritti». Risultato: illegittimo il silenzio serbato dall'amministrazione. Ricorso accolto.

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