Personale

Il dipendente invalido non evita il licenziamento in caso di assenza ingiustificata

Sono prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedano una sanzione conservativa

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

L'articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel tipizzare specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare, ha altresì affermato con chiarezza la preminenza della disciplina legale rispetto a quella di fonte contrattuale. Pertanto, restano prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedono una sanzione conservativa per i fatti che il predetto articolo 55-quater contempla come sanzionati con il licenziamento.

La norma di legge in sé non realizza alcuna discriminazione, non essendo sostenibile, in nome del principio di non discriminazione, che il dipendente in condizione di disabilità non debba, come gli altri lavoratori, giustificare le sue assenze.

Sono queste le principali conclusioni cui giunge la Corte di cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 11761/2021.

A fronte di alcune assenze ingiustificate dal lavoro (complessivamente cinque giornate), oltre a numerose assenze parziali nel corso di altre giornate, un ente locale ha provveduto applicare nei confronti di un lavoratore, con invalidità al 70%, la sanzione massima del licenziamento.

La sanzione comminata deriva all'applicazione dell'articolo 55-quater, lettera b), del Dlgs 165/2001, introdotto dalla Riforma Brunetta (Dlgs 150/2009), il quale prevede la sanzione disciplinare del licenziamento nel caso di «assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione».

Il dipendente si è rivolto al giudice ordinario per chiedere il suo reintegro.

Il ricorrente ha fondato la sua difesa sul presupposto che l'ente non abbia tenuto conto del suo stato di invalidità e che la sanzione erogata doveva essere ricondotta a quella meno grave prevista dalla contrattazione collettiva ovvero la sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione, da undici giorni a sei mesi, per la assenza «ingiustificata ed arbitraria dal servizio» fino a quindici giorni (articolo 3, comma 6, lettera b del contratto collettivo dell'11 aprile 2008, vigente all'epoca dei fatti).

Il licenziamento è stato confermato sia nel primo che nel secondo grado di giudizio, così che il lavoratore a promosso ricorso in Cassazione.

Nel ricorso in Cassazione il ricorrente ha sollevato, altresì, la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 55-quater del Dlgs 165/2001, nella parte in cui la norma richiede la giustificazione della malattia anche alla persona invalida.

Per gli Ermellini non ci sono dubbi, le previsioni del codice disciplinare contenuto nel contratto collettivo non possono essere più invocate se in contrasto con la norma inderogabile di legge, venendo in tal caso sostituite di diritto da quest'ultima. Pertanto, restano prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedano una sanzione conservativa per i fatti che l'articolo 55-quater del Dlgs 165/2001 fissa come sanzionati dal licenziamento.

Una volta chiarita la sanzione applicabile nell'ipotesi in esame e cassata la documentazione difensiva del ricorrente come non idonea a cambiare le sorti della decisione della sentenza, la Suprema Corte, si sofferma sulla questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 55-quater del Dlgs 165/2001, nella parte in cui, trattando nello stesso modo il soggetto normodotato ed il soggetto invalido, discriminerebbe indirettamente quest'ultimo.

La norma in questione, si legge nella sentenza, sanziona la «assenza priva di valida giustificazione» per un dato numero di giornate e non crea alcuna discriminazione, non essendo sostenibile, in nome del principio di non discriminazione, che il disabile non debba, come gli altri lavoratori, giustificare le sue assenze.

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