Urbanistica

Il Dl Aiuti amplia la portata delle ristrutturazioni: più spazio alle demolizioni e ricostruzioni non fedeli

Possibilità estesa anche ad alcune aree a vincolo paesaggistico. Resta il dubbio sui centri storici

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di Carmen Chierchia

La ristrutturazione edilizia cambia ancora definizione: infatti, la legge di conversione del Decreto Aiuti (il Dl 50/2022) approvata dalla Camera e in attesa del passaggio al Senato, con un leggero tratto di penna allarga il campo di applicazione della cd. ristrutturazione ricostruttiva, estendendola anche ad alcune aree soggette a vincolo paesaggistico che prima sembravano escluse dalla possibilità di ricorrervi.

La ristrutturazione ricostruttiva è quella forma di ristrutturazione di un edificio esistente che prevede la demolizione e la sua successiva ricostruzione. Questo tipo di intervento, portando all'annullamento di un immobile preesistente e alla costruzione di uno completamente nuovo, veniva qualificato in origine come «nuova costruzione» e non «ristrutturazione». Il discrimine non è solo formale: la qualificazione di un intervento come «nuova costruzione» può comportare notevoli limiti, sia urbanistici (ove, per esempio, i piani regolatori non consentano in determinate zone urbane la nuova costruzione, oppure nei casi in cui vi siano previsioni che limitano il consumo di suolo) sia economici (la nuova costruzione è più onerosa della ristrutturazione e sottratta spesso ai bonus riconosciuti variamente dalle norme).

La ristrutturazione ricostruttiva per i beni vincolati
A partire dal 2013 circa (con il decreto del Fare), si è manifestata con sempre maggior forza la tendenza alla liberalizzazione della ristrutturazione ricostruttiva, ossia alla qualificazione come «ristrutturazione» e non come «nuova costruzione» degli interventi di demolizione di edifici preesistenti e la loro ricostruzione anche senza rispettare le fattezze dell'immobile preesistente. Si sono man mano eliminati i vincoli di rispetto della sagoma, del sedime, del volume fino ad avere una nozione di ristrutturazione che prevede la ricostruzione di un immobile completamente differente rispetto all'originario.Tuttavia, a fronte di tale liberalizzazione, il legislatore è sempre rimasto cauto nel qualificare come «ristrutturazione» gli interventi che ricadessero in aree vincolate.

L'ultima importante modifica sull'argomento (prima di quella del decreto Aiuti) risale al decreto Semplificazioni del 2020 che stabiliva che la ristrutturazione ricostruttiva poteva essere qualificata come ristrutturazione nelle aree vincolate solo se essa restava «fedele» all'immobile demolito, ossia solo se venivano mantenuta l'identità dell'edificio precedente (sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, volumetria).

Ma cosa si intende per aree vincolate? Nell'ordinamento giuridico italiano, il Dlgs. 42/2004 contiene la disciplina di due grandi categorie di vincoli: i beni culturali (Parte II) e i beni paesaggistici (Parte III). Nella formulazione del decreto Semplificazioni, entrambi i tipi di vincoli assumevano rilievo: pertanto sia nel caso in cui l'immobile era classificato come «bene culturale», sia nel caso in cui esso ricadeva in una zona tutelata a livello paesaggistico, la ricostruzione poteva sì avvenire ma doveva essere fedele al vecchio immobile, altrimenti veniva qualificata come nuova costruzione.

A due anni di distanza, la L. 34/2022 ha operato un distinguo: nel novero delle aree vincolate in cui la ristrutturazione può essere solo «fedele», non rientrano le cd. aree paesaggistiche vincolate ex lege, ossia quelle previste dall'articolo 142 del D.Lgs. 42/2004. Si tratta delle fasce costiere e lacuali, i boschi, le zone di interesse archeologico ecc. Ma l'articolo 142 non esaurisce i tipi di vincoli paesaggistici presenti nel nostro ordinamento: oltre a quelli imposti direttamente dalla legge, come appunto fa l'articolo 142, vi sono aree che vengono dichiarate di notevole interesse pubblico dalla Regione o dal Ministero se ricadono in una delle seguenti categorie (indicate dall'articolo 136 del Dlgs. 42/2004):

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte II del D.Lgs. 42/2004, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici;

d) le bellezze panoramiche, punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico.

La legge di conversione del decreto Aiuti ha consentito di ricomprendere anche le categorie di cui alle lettere c) e d) dell'articolo 136 nel novero delle esenzioni dalla ricostruzione fedele.

In altri termini, quando la legge di conversione sarà pubblicata in Gazzetta, sarà considerata «ristrutturazione» la demolizione e ricostruzione non fedele nelle seguenti aree:

- Aree vincolate per legge ai sensi dell'articolo 142 del D.Lgs. 42/2004

- Ville, i giardini e i parchi, vincolati con provvedimento ad hoc (regionale o ministeriale) (let. c, art. 136 del D.Lgs. 42/2004)

-le bellezze panoramiche, punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico con provvedimento ad hoc (regionale o ministeriale) (let. d art. 136 del D.Lgs. 42/2004).

In queste aree, quindi, gli interventi di demolizione e ricostruzione con differente sagoma, sedime e volume potranno essere qualificati come «ristrutturazione edilizia».

Cosa resta fuori
Restano quindi soggette alle previsioni più restrittive sulla ristrutturazione le seguenti categorie di beni:

- beni culturali (dichiarati di interesse culturale ai sensi della seconda parte del Dlgs 42/2004);

- le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali (let. a, art. 136 del Dlgs. 42/2004);

- le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza (let. b, art. 136 del Dlgs. 42/2004).

Centri storici
Appaiono fin da subito i primi rischi di confusione: come devono essere qualificati gli interventi nei centri storici? La lettera c) del Dlgs. 42/2004 prevede che i centri storici possono essere dichiarati di notevole interesse pubblico e, in tal caso, essi dovrebbero beneficiare della possibilità di ristrutturazione ricostruttiva non fedele.

Tuttavia, la definizione di ristrutturazione dovrebbe continuare a prevedere che nelle zone omogenee A (ossia appunto i centri storici) «gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetri»", ossia la ristrutturazione ricostruttiva debba essere solo «fedele». Si auspica, quindi, un chiarimento ed è quindi probabile che la definizione di ristrutturazione sarà oggetto di modifica ancora una volta..

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