Il Viminale: la fusione nei comuni taglia la spesa fino all'11%
Il fenomeno delle fusioni è in costante, ma tutto sommato modesta crescita, con prevalente marcata localizzazione nell'Italia settentrionale
L'Osservatorio del Viminale sulla finanza e la contabilità degli enti Locali ha approvato lo studio: "Le fusioni dei comuni. Lo stato di attuazione. Profili ordinamentali e finanziari".
Il quadro normativo di riferimento per le fusioni è molto vasto e si articola in una serie di provvedimenti che partono dal 1990 fino ad arrivare ai nostri giorni, con un particolare e rilevante numero di provvedimenti emanati nel corso degli ultimi anni atti ad introdurre, oltre a contributi finalizzati, anche di un mix di misure di carattere ordinamentale.
Si tratta di una serie di misure agevolative o di maggior favore volte alla salvaguardia della specificità dei comuni che hanno dato luogo alla fusione ed al mantenimento a favore del Comune di nuova istituzione delle disposizioni più favorevoli.
Lo studio mostra come il fenomeno delle fusioni di Comuni appaia in costante, ma tutto sommato modesta, crescita, con prevalente marcata localizzazione nell'Italia settentrionale, evidenziando una correlazione con le risorse messe a disposizione per tali finalità. Infatti gli incentivi volti a favorire le fusioni di comuni hanno costituito una fondamentale leva volta a favorire i predetti processi. Le fusioni realizzate evidenziano, tuttavia, una limitata crescita dimensionale.
Ma i vantaggi non si esauriscono negli incentivi economici messi a disposizione, gli stessi si concretizzano anche nelle dinamiche della spesa corrente che, al netto sia dei contributi erariali che di quelli regionali finalizzati, evidenzia, nel campione considerato, successivamente ai processi di fusione, una flessione, rispettivamente, del 7,51% e del 11,15%.
Negli enti sorti da fusione, si assiste ad una riduzione delle spese per i servizi di back office, ovvero le funzioni gestionali ed organizzative, da ricondursi, verosimilmente, alle migliori economie di scala derivanti dalla fusione. Mentre per le spese relative ai servizi di front office, ovvero i servizi alla cittadinanza si assiste ad un'espansione delle stese. Ciò in contrapposizione con le dinamiche nazionali che non mostrano sostanziali variazioni sia per i servizi di back office che per quelli di front office.
Dal lato dell'entrata si riscontra, relativamente alla voce Imposte, tasse e proventi assimilati una flessione, successivamente ai processi di fusione, del 1,40%, a fronte di una sostanziale staticità in ambito nazionale. I trasferimenti correnti da amministrazioni pubbliche mostrano un sostanziale incremento del 79,54% a fronte di un modesto +4,15% fatto registrare, nel periodo considerato, in ambito nazionale, assicurando ampia copertura alla maggiore spesa post fusione per i servizi alla cittadinanza.
Per l'Osservatorio il percorso avviato sembra quindi poter costituire una delle possibili soluzioni alle diseconomie di scala ed alla rigidità di bilancio che caratterizzano gli enti di minore dimensione demografica, consentendo di liberare risorse a vantaggio delle collettività locali attraverso le quali realizzare, unitamente alle maggiori risorse messe a disposizione dal sistema in virtù dei contributi finalizzati, un efficientamento dei servizi.
Tuttavia la fusione fra Comuni rappresenta un'innovazione radicale, un processo di cambiamento ancora difficile da realizzare, motivo per cui le fusioni realizzate sono poche; innovare in modo dirompente è difficile.
Gli incentivi finanziari previsti hanno avuto indubbiamente un impatto positivo, sono riusciti a far nascere, infatti, un fenomeno prima inesistente ma, se si vuole veramente incentivare il fenomeno, occorre evitare di scaricare sulle spalle degli amministratori locali tutto il peso in termini di gestione del consenso che l'innovare indubbiamente comporta.
Dei tre elementi necessari per l'innovazione (incentivi, vincoli e persuasione) per il momento è stato utilizzato solo il primo. La mancanza degli altri due ha indebolito l'impatto.