Appalti

Illegittima la procedura di gara bandita dal Comune non capoluogo per l'appalto Pnrr oltre le soglie consentite

Necessario rivolgersi, per la fase dell'affidamento, a una stazione appaltante di ente sovracomunale

di Stefano Usai

É legittimo l'annullamento della procedura d'appalto bandita da un Comune non capoluogo di Provincia per aggiudicare un contratto finanziato con il Pnrr/Pnc di importo superiore alle soglie previste, ora, dall'articolo 10 del Dl 176/2022 convertito dalla legge 6/2023. In questo senso il Tar Lombardia, Milano, sezione IV, sentenza n. 212/2023.

La vicenda
La stazione appaltante (Comune non capoluogo di provincia) si determinava con l'annullamento in autotutela del bando di gara per assegnare lavori, finanziato con l'articolo 1, comma 139-bis, della legge n. 145 del 2018 poi riconfigurato/confluito come finanziamento Pnrr, per i limiti imposti dall'articolo 52 del Dl 77/2021. Norma che limita l'autonomia dei Comuni non capoluogo circa l'aggiudicazione di appalti finanziati anche solo in parte dal Pnrr/Pnc. I Comuni non capoluogo di Provincia, più in dettaglio, in caso di affidamenti di importo pari o superiore a 139mila euro, per beni/servizio, o lavori di importo pari o superiori a 150mila euro - come ora chiarito dall'articolo 10, comma 1 del Dl 176/2022 convertito dalla recente legge 6/2023 - devono rivolgersi, per la fase dell'affidamento, a una stazione appaltante di ente sovracomunale.
In pratica, l'appalto, ricorrendo le condizioni sopra declinate ovvero finanziato anche in parte dal Pnrr/Pnc, deve essere espletato, su delega del Comune non capoluogo, dalla stazione appaltante dell'Unione dei comuni, della Provincia, della città metropolitana o dal comune capoluogo.
In alternativa la possibilità è quella di far espletare la gara da un soggetto aggregatore qualificato. Nel caso di specie, trattandosi di fondi poi confluiti nel Pnrr, la procedura è stata espletata autonomamente dal Comune non capoluogo che, verificata la mancanza di legittimazione, ha provveduto con la revoca in autotutela. Revoca che è stata impugnata dall'unico partecipante alla procedura negoziata e, tra l'altro, dalla stessa escluso per carenze formali dell'offerta.

La sentenza
Il giudice ha ritenuto legittima la decisione di annullare le procedure bandite perchè «non risultava più possibile per il predetto Comune bandire in autonomia le richiamate procedure» dovendo lo stesso rivolgersi a una centrale di committenza o, comunque, a un soggetto idoneo, secondo la normativa.
La normativa di riferimento, come anticipato, è declinata nell'articolo 52 del secondo decreto Semplificazioni (Dl 77/2021) da cui emerge, ora alla luce delle indicazioni contenute nel Dl 176/2022, articolo 10, che i Comuni non capoluogo di provincia per le soglie sopra ricordate di ricorrere «a una centrale di committenza, a una stazione unica appaltante, o a strutture simili, non potendo tali Enti procedere in autonomia alla celebrazione della gara». E, detto regime, prosegue il giudice, «deve applicarsi ai Comuni beneficiari che hanno avviato procedure di affidamento successivamente alla data di pubblicazione in G.U. del Decreto Ministeriale del 24 settembre 2021 (cfr. il citato Comunicato ministeriale del 17 dicembre 2021)».
Alla luce di quanto, pertanto, la decisione di procedere in autotutela era praticamente inevitabile data la carenza del potere di svolgere la fase pubblicistica poichè risultava «palesemente» illegittima per contrasto con norme di legge e «comportando il rischio della perdita dei finanziamenti». Pertanto, nessuna posizione di rilievo viene in essere per l'appaltatore partecipante alla gara visto che l'annullamento ha riguardato una procedura non ancora aggiudicata in via definitiva «con la conseguenza che nessuna posizione di affidamento qualificato sussisteva in capo alla parte ricorrente e nessun obbligo di comunicare l'avvio del procedimento di annullamento incombeva sull'Amministrazione procedente».
Occorre ricordare, infine, che proprio la legge 6/2023 (di conversione del Dl 176/2022) prevede al comma 2-ter dell'articolo 10, una sorta di sanatoria per gli appalti banditi illegittimente dai Comuni non capoluogo. Il comma in parola, in dettaglio, prevede che «sono fatte salve le procedure attuate dai comuni non capoluogo alla data del 31 dicembre 2022 senza l'osservanza delle modalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), secondo periodo, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55».

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