Urbanistica

Immobiliare, affrancamento aree e partecipazioni: ammessa la cessione «sotto perizia»

Escluso l’accertamento di plusvalenza sulla base del costo storico

di Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni

Anche per le Entrate, nel caso in cui il terreno sia stato oggetto di perizia asseverata finalizzata all'affrancamento di valore, tale valore non determina alcun vincolo nella successiva vendita e va esclusa la possibilità dell'Amministrazione finanziaria di accertare una plusvalenza basandosi sul costo storico di acquisto del bene. È il chiarimento principale contenuto nella circolare 1/E diffusa ieri, nella quale l'agenzia delle Entrate ha anche ricordato che i commi 1122 e 1123 dell'articolo 1 della legge 178/20 hanno riaperto la facoltà di procedere all'affrancamento di valore per i beni posseduti al 1° gennaio scorso, attraverso una perizia asseverata e il versamento dell'imposta sostitutiva dell'11% entro il 30 giugno 2021.Ricordiamo che la facoltà riguarda i terreni (edificabili o meno) e le partecipazioni (qualificate o meno purchè non quotate) posseduti al di fuori del regime d'impresa, e quindi da persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali (anche non residenti).

Per quanto riguarda i terreni, in particolare quelli edificabili, il problema principale di questi ultimi dieci anni abbondanti deriva dal calo delle quotazioni di mercato, che ha fatto diventare i valori delle perizie precedenti eccessivi rispetto ai prezzi realizzabili. Nel caso in cui il contribuente avesse ceduto l'area a un valore inferiore a quello di perizia, gli Uffici ipotizzavano una sorta di "rinuncia" al valore asseverato, quantificando la plusvalenza come differenza tra il corrispettivo percepito e il valore di carico "storico". Tale comportamento era criticabile in quanto la plusvalenza è generata dal corrispettivo e non dal valore normale. L'Agenzia spesso pretendeva dall'acquirente le imposte di registro e ipocatastali sul valore minimo di perizia o anche superiore e questo è in linea con l'articolo 7, della legge 448/2001.La possibilità di asseverare una nuova perizia "al ribasso" da un lato non era sempre possibile e, dall'altro, si scontrava con il costante incremento dell'aliquota di imposta sostitutiva, che rendeva spesso onerosa anche una perizia asseverata solo per ridurre il valore rispetto alla precedente.

Le timide aperture dell'Agenzia (risoluzione 53/E/15) non risolvevano il problema, riferendosi a casi marginali (come la differenza "poco significativa tale da doversi imputare ad un mero errore"). La questione si è risolta con le sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione (2321 e 2322 del 31 gennaio 2020), che hanno bocciato l'interpretazione dell'Agenzia, affermando che, se l'affrancamento è stato validamente operato, risulta impossibile risalire al precedente valore di "carico" del bene anche se il (maggior) valore periziato non è riportato in atto o è indicato un valore commerciale inferiore. Per cui, in questi casi, non ci sono plusvalenze da accertare, né sussiste obbligo del contribuente "di allegazione del valore normale minimo di riferimento periziato". E viene chiesto agli Uffici di allinearsi a questa posizione, abbandonando il contenzioso in essere. Restano fermi il diniego al rimborso della sostitutiva per chi non tiene conto del valore rideterminato e la possibilità dell'Amministrazione di rettificare il prezzo di vendita contestando il pagamento delle imposte d'atto, attraverso la dimostrazione di un maggior valore venale del bene compravenduto rispetto a quello dichiarato in atto.

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