Imu e immobili merce: niente esenzione in caso di ristrutturazione o locazione temporanea
Due recenti ordinanze della Corte di cassazione hanno affrontato due aspetti particolarmente interessanti in merito all’esenzione prevista nell’Imu per i “fabbricati merce”.
Il riferimento è alla disposizione contenuta nell’articolo 13, comma 9-bis, del Dl 201/2011, in base alla quale, a decorrere dal 1° gennaio 2014, sono esenti dall’Imu i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e che non siano in ogni caso locali. Disposizione ripresa anche dalla disciplina della “nuova Imu”, all’articolo 1, comma 751, della legge 160/2019, il quale ha previsto l’esenzione dei predetti fabbricati, a decorrere dal 1° gennaio 2022.
La prima ordinanza, la n. 10392 del 27/11/2024, pubblicata il 21/4/2025, si è occupata della spettanza della predetta esenzione nel caso di fabbricati acquistati da un’impresa per essere successivamente oggetto di interventi di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia o di ristrutturazione urbanistica, previsti dall’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f) del Dpr 6/6/2001, n. 380 e quindi destinati alla vendita. In proposito il Ministero dell’economia e delle finanze, con la risoluzione n. 11/DF del 11/12/2013, aveva ritenuto che nel concetto di fabbricati costruiti potessero rientrare anche i fabbricati acquistati dall’impresa costruttrice sui quali la stessa procede a interventi di incisivo recupero, ai sensi delle norme sopra citate. Ciò in quanto i fabbricati costruiti, così come quelli oggetto di recupero/ristrutturazione, sono considerati, ai fini del tributo, come area fabbricabile fino alla conclusione dei lavori di costruzione o di ristrutturazione.
La Corte di cassazione non è stata concorde con questa interpretazione, ritenendo invece che la fattispecie dei fabbricati acquistati dall’impresa e poi ristrutturati/recuperati, per essere successivamente destinati alla vendita, non può ritenersi equivalente a quella dei beni costruiti ai fini dell’esenzione in parola. Ciò in quanto in materia tributaria le norme contenenti esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione, senza che ci possa essere spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva. L’ordinanza fa riferimento a precedenti pronunce della medesima Corte (sentenze n. 9897/2022, 3094/2024), le quali specificano che il regime di esenzione è connaturato ai fabbricati costruiti dall’impresa soggetto passivo Imu, destinati alla vendita e fintanto che permanga tale destinazione. Quindi non può essere ricompreso nel suo ambito applicativo il fabbricato acquistato dall’impresa, pur destinato a una successiva ristrutturazione, in quanto al momento dell’acquisto non si è in presenza di un fabbricato costruito dal soggetto passivo Imu e destinato alla vendita. La destinazione alla vendita in questa fattispecie è infatti in tal caso un mero intento perseguito dall’impresa, che ancora non ha realizzato il bene che intende successivamente vendere. Lo scopo della norma è quello di agevolare le imprese che costruiscono fabbricati per destinarli alla vendita e non anche qualsiasi operazione commerciale volta all’acquisizione di fabbricati destinati ad una successiva rivendita, pur preceduta da un’attività di ristrutturazione. La Corte, quindi, ha cocluso ritenendo che l’esenzione qui in esame deve essere riconosciuta solo ai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (e non locati) e non anche ai fabbricati acquistati e ristrutturati per essere successivamente destinati alla vendita.
La sentenza n. 8280/2025 pare assumere invece una posizione differente. Pur se la stessa afferma esplicitamente solo che l’esenzione in parola non si applica durante il periodo di svolgimento dei lavori di ristrutturazione/restauro (periodo nel quale il tributo viene commisurato al valore dell’area fabbricabile), poiché la norma di esenzione fa riferimento ai fabbricati costruiti, la sentenza ha condiviso la risoluzione del Mef n. 11/2013, laddove stabilisce che «i fabbricati oggetto degli interventi di incisivo recupero […] rientrano nel campo di applicazione dell’esenzione introdotta dal citato articolo 2 del Dl n. 102 del 2013, solo a partire dalla data di ultimazione dei lavori di ristrutturazione». Va comunque evidenziato che dalla lettura della sentenza n. 8280 emerge che la questione è affrontata in modo del tutto marginale, in quanto la medesima si è concentrata in realtà sull’obiezione sollevata dal controricorrente che invocava l’esenzione anche durante il periodo di ristrutturazione del fabbricato, avendo adempiuto all’obbligo dichiarativo richiesto dall’ articolo 2 del Dl 102/2013. Sentenza questa interessante invece laddove ha affrontato la diversa questione della necessità della dichiarazione nell’ipotesi in cui si invochi la riduzione del 50% prevista per i fabbricati inagibili o inabitabili, affermando che la riduzione anzidetta va riconosciuta anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità del bene sia noto al Comune, nel senso però «di una conoscenza qualificata, documentabile e derivata dall’esercizio dell’attività amministrativa propria dell’ente territoriale, anche se per finalità extratributarie, restando irrilevante la mera ed estemporanea conoscenza di fatto della situazione suscettiva di integrare i presupposti della riduzione di imposta; la prova di tale conoscenza da parte dell’ente impositore è a carico del contribuente che invoca il beneficio».
La seconda ordinanza, n. 10394/2025, ha affrontato invece una questione sempre molto dibattuta. Come specificato in precedenza, la norma dell’articolo 13, comma 9-bis, del Dl 201/2011 prima ed il comma 751 dell’articolo 1 della legge 160/2019 oggi, hanno stabilito che l’esenzione prevista per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita non compete laddove i fabbricati siano concessi in locazione.
Il dubbio si è posto nel caso in cui l’impresa, pur mantenendo la destinazione alla vendita del fabbricato, lo abbia temporaneamente locato. Il Ministero dell’economia e delle finanze, in una risposta al seminario Telefisco 2014, ha espressamente escluso ogni caso di locazione del fabbricato, anche se temporanea, al fine dell’applicazione dell’agevolazione. La lettura della risposta al quesito ha anzi fatto ritenere che la locazione anche temporanea del fabbricato “spezzi” definitivamente la continuità che la norma richiede tra la costruzione del fabbricato e la sua destinazione alla vendita, facendo venire meno in via definitiva l’agevolazione.
La Corte di cassazione si è allineata a tale pensiero, seppure sembra averlo limitato al singolo periodo d’imposta, precisando che l’esenzione qui in esame non può essere riconosciuta in caso di locazione (ancorché transitoria) dei fabbricati nel corso dell’anno di riferimento, non essendone consentita la fruizione proporzionalmente commisurata al periodo infrannuale di godimento da parte del contribuente. Infatti, quando il legislatore ha voluto riconoscere una esenzione o una riduzione anche per un periodo di durata inferiore all’anno di riferimento, durante il quale sussistono i presupposti, lo ha fatto espressamente. Ciò, ad esempio, è accaduto nel caso della riduzione per i fabbricati inagibili o inabitabili (articolo 13, comma 3, lettera b, del Dl 201/2011 e articolo 1, comma 747, lettera b, della legge 160/2019), allorquando si è specificato che la riduzione compete limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. In altri termini, occorre una norma specifica per individuare peculiari fattispecie di agevolazioni fruibili anche per una sola frazione dell’anno. Neppure può aiutare a riconoscere l’applicazione dell’esenzione a una porzione dell’anno, durante la quale il fabbricato non è locato, la norma dell’articolo 9, comma 2, del Dlgs 23/2011 (oggi articolo 1, comma 761, legge 160/2019), la quale ha stabilito che l’imposta è dovuta proporzionalmente ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso, poiché la norma fa riferimento al possesso titolato del fabbricato, che il costruttore non perde anche nel caso di locazione.
La posizione della Cassazione, quindi, sembra precludere l’esenzione per l’intero anno se il fabbricato è stato locato anche solo per una frazione dello stesso. La Corte per la verità non sembra spingersi fino ad affermare che la locazione temporanea dell’immobile faccia perdere in via definitiva l’esenzione, pur se è vero che con la locazione temporanea si verifica la soluzione di continuità tra costruzione del fabbricato e la sua destinazione alla vendita.
(*) Vicepresidente Anutel
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