Fisco e contabilità

Imu, il Mef «chiede» ai Comuni rispetto dell'aliquota massima stabilita dalla legge per le case di lusso

L'ente ha la facoltà di diminuire l'aliquota sino all'azzeramento o di aumentarla solo fino allo 0,6%

di Federico Gavioli

Una raccolta dei principali rilievi formulati nell'ambito dell'esame dei regolamenti e delle delibere di approvazione delle aliquote Imu. La pubblica il Mef - Dipartimento delle Finanze con l'intento di «fornire uno strumento utile, in fase di predisposizione degli atti stessi, affinché l'autonomia regolamentare in materia di Imu venga esercitata nel rispetto dei limiti posti dalla normativa statale».

Relativamente alle delibere comunali che assoggettano le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 ed A/9 all'aliquota Imu dello 0,75 per cento (o a diversa aliquota comunque superiore allo 0,6 per cento), il Mef osserva che la previsione in questione si pone in contrasto con l'articolo 1, comma 748, della legge 27 dicembre 2019 n. 160, il quale, nel prevedere che all'abitazione principale di lusso si applichi l'aliquota ridotta dell'imposta municipale propria pari allo 0,5 per cento, attribuisce al Comune la facoltà di diminuire tale aliquota sino all'azzeramento o di aumentarla solo sino alla misura dello 0,6 per cento. Il Mef ricorda , in merito, che il rispetto dell'aliquota massima stabilita dalla legge statale costituisce uno dei limiti espressamente posti all'autonomia regolamentare degli enti locali in materia tributaria dall'articolo 52, comma 1, del Dlgs 15 dicembre 1997 n. 446. Il ministero invita, pertanto, i Comuni a modificare la deliberazione di approvazione delle aliquote, riconducendo l'aliquota per le abitazioni principali di lusso entro il limite massimo dello 0,6 per cento.

Il Mef osserva, inoltre, che dall'analisi di alcune delibere comunali risulta che la casa familiare assegnata al genitore affidatario, di categoria catastale diversa da A/1, A/8 o A/9, è assimilata all'abitazione principale nei limiti della quota di possesso del coniuge non assegnatario o di suoi parenti entro il secondo grado. La nuova disposizione opera solo in presenza di figli sicché l'ex coniuge assegnatario dell'abitazione principale senza figli dal 2020, sarà tenuto al versamento dell'imposta municipale propria per la quota del coniuge non affidatario. La limitazione dell'assimilazione all'abitazione principale alla quota di possesso del coniuge non assegnatario o di suoi parenti entro il secondo grado si pone in contrasto con l'articolo 1, comma 741, lettera c), n. 4, della legge 27 dicembre 2019 n. 160, che individua quale condizione per l'assimilazione unicamente l'avvenuta assegnazione della casa familiare con provvedimento del giudice.

Come chiarito nella circolare n. 1/DF/2020, «l'individuazione della casa familiare viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento che non può essere suscettibile di valutazione da parte del Comune in un proprio provvedimento. Si prescinde quindi dalla proprietà in capo ai genitori o ad altri soggetti (ad esempio i nonni) e i requisiti della residenza e della dimora dell'assegnatario non sono rilevanti ai fini dell'assimilazione».

Le vicende inerenti la titolarità dell'immobile non assumono, dunque, alcuna rilevanza, tanto più che, una volta intervenuto il provvedimento giudiziario di assegnazione, il soggetto passivo Imu è individuato unicamente nel coniuge assegnatario, in quanto titolare del diritto reale di abitazione. La qualità di soggetto passivo del coniuge assegnatario fa sì, dunque, che i proprietari della casa familiare – siano essi il coniuge non assegnatario, suoi parenti o eventualmente altri soggetti comproprietari del bene – restino del tutto estranei all'obbligazione tributaria.

Inoltre, osserva il Mef, in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti la giurisprudenza ritiene che la casa coniugale non possa essere oggetto di assegnazione ad uno dei due coniugi a titolo di contributo al mantenimento, ragion per cui la disciplina dell'ipotesi dell'ex coniuge assegnatario dell'abitazione principale senza figli, contenuta nella disposizione regolamentare in disamina, non ha ragion d'essere.

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