Incarichi esterni, l'autorizzazione è sempre preventiva
La richiesta di autorizzazione permette all'ente di valutare la compatibilità dell'attività in termini di conflitto d'interesse e di impegno
L'Aran torna sul tema dell'esclusività del rapporto per il dipendente pubblico, segnalando sul proprio sito la sentenza della Corte dei conti del Veneto n. 101/2020, con la quale il Collegio giudicante ritiene che gli incarichi esterni svolti in assenza di preventiva autorizzazione eludano l'obbligo di esclusività con la pubblica amministrazione.
L'autorizzazione, oltre a dover essere formulata in forma scritta, deve essere presentata prima dello svolgimento dell'attività e non ex post (articolo 53, comma 7 e seguenti, del Dlgs 165/2001) poiché l'amministrazione di appartenenza deve essere messa in grado di valutare l'incarico sotto il profilo del potenziale conflitto di interessi e al fine di salvaguardare le energie lavorative del dipendente, indipendentemente dalla circostanza che questi abbia sempre regolarmente svolto la propria attività impiegatizia (Corte dei conti d'appello n. 617/2018).
La ratio della norma, a parere del Collegio, risiede, nei principi desumibili dagli articoli 97 e 98 della Costituzione e quindi nella tutela dell'imparzialità, efficienza e buon andamento, oltre che nei doveri di esclusività del servizio prestato e pertanto «non è configurabile, la buona fede o scusabilità della condotta del convenuto, ai fini del riconoscimento della colpa grave (e non dolo) e di una eventuale riduzione del danno al medesimo ascrivibile (Corte conti Lombardia n. 214/2016 e n. 90/2017)».
Con riferimento specifico ai dipendenti degli enti locali è utile ripercorrere le casistiche che permettono loro di intrattenere rapporti di lavoro con soggetti diversi dell'ente per il quale prestano servizio. A questo proposito vi è da rilevare in via preliminare come il legislatore, salvo specifiche deroghe, abbia da sempre vietato il cumulo di impieghi/incarichi presso diverse amministrazioni, a prescindere sia dalla natura subordinata, parasubordinata o autonoma del rapporto nascente dall'incarico assunto, sia dal regime a tempo pieno o parziale del rapporto di pubblico impiego originario.
La norma che sancisce l'obbligo di esclusività è l'articolo 53 del Dlgs 165/2001 che stabilisce un generale divieto inderogabile, estendendo a tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità assolute dettata dagli articoli 60-64 del Dpr 3/1957, lo stesso articolo di seguito definisce le eccezioni al regime delle incompatibilità assolute e prevede che l'amministrazione possa autorizzare i dipendenti a svolgere specifiche attività estranee all'attività lavorativa.
Per i dipendenti degli enti locali il legislatore ha previsto eccezioni o deroghe specifiche, con disposizioni legislative o norme contrattuali, che possono così essere riassunte:
• l'articolo 92 del Tuel prevede che «Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti»;
• l'articolo 1, comma 58-bis, della legge n. 662 del 1996 dispone che i dipendenti degli enti locali, con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento, possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza;
• l'articolo 1, comma 557, della legge n. 311 del 2004 stabilisce che «I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza»;
• l'articolo 53 del contratto Funzione Locale 2016-2018 prevede che i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, qualora la prestazione non sia superiore al 50% di quella a tempo pieno, possono svolgere un'altra attività lavorativa e professionale, subordinata o autonoma, nel rispetto delle vigenti norme in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi;
• infine, in presenza di incarichi non di natura subordinata, è prevista la possibilità di autorizzare il dipendente pubblico, da parte dell'ente di appartenenza, a prestare attività extra lavorativa esterna (articolo 53 del Dlgs n. 165 del 2001).
In considerazione di queste deroghe, la possibilità da parte dei dipendenti degli enti locali di assumere incarichi lavorativi esterni non è vietata dalla legge purchè, come evidenziato nella sentenza della Corte dei conti Veneto n. 101/2020 citata, il dipendente abbia correttamente richiesto e ottenuto la specifica autorizzazione. La richiesta di autorizzazione da parte del dipendente è un obbligo giuridico non fine a sé stesso, ma volto a mettere l'amministrazione nelle condizioni di valutare l'ontologica compatibilità dell'attività extra lavorativa in termini di conflitto di interesse e la possibilità, per il dipendente, d'impegnarsi in un'ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti assegnati. Per questa ragione la richiesta di autorizzazione non deve essere generica o implicita o supposta in istanza precedente ovvero rivolta a un qualunque soggetto seppure appartenente all'amministrazione, ma è necessario che sia specificamente orientata a ottenere l'autorizzazione richiesta dall'articolo 53, comma 7, del Dlgs 165/2001.