Amministratori

Incompatibilità del consigliere, il Comune non può sospendere la verifica in attesa del giudizio

L'amministrazione non può nemmeno decidere con una sorta di «convalida con riserva»

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di Amedeo Di Filippo

Nel caso di presunta incompatibilità del consigliere comunale per giudizio pendente con il Comune non è possibile sospendere il procedimento di verifica già avviato in attesa dell'esito del contenzioso né decidere con una sorta di "convalida con riserva". Lo afferma il ministero dell'Interno in un parere formulato il 22 aprile.

L'incompatibilità
È stato chiesto al Ministero dell'interno di esprimere l'orientamento riguardo alla contestabilità della causa di incompatibilità di cui all'articolo 63, comma 1, n. 4, del Tuel a causa di un contenzioso tra un consigliere e il comune in relazione a sanzioni amministrative comminate ai sensi del regolamento comunale sulla pubblicità. Il n. 4 delinea l'incompatibilità tra l'amministratore che ha lite pendente in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo con il comune. Si tratta della «incompatibilità d'interessi», che ha la finalità di impedire che possano concorrere all'esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell'ente o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l'imparzialità. Si tratta di norma che limita il diritto di elettorato passivo, quale diritto fondamentale, per questo di stretta interpretazione e non suscettibile di interpretazione analogica.

La lite
Nel parere, il Viminale ricorda che, ai fini della sussistenza della causa di limitazione all'espletamento del mandato elettivo, la lite deve riflettere uno scontro di interessi tra le parti che devono risultare contrapposte. Per lite pendente deve quindi intendersi la pendenza di una controversia giudiziaria, non essendo sufficiente la mera constatazione dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale siano coinvolti l'eletto o l'ente. Occorre, in altri termini, che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto in conseguenza del quale si materializza l'esigenza di evitare che tale conflitto possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio per l'ente o possa ingenerare all'esterno sospetti a riguardo. E questo a prescindere dai motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale e obiettivo della pendenza, che esaurisce il presupposto dell'incompatibilità che continuerà a perdurare per tutta la durata del contenzioso in essere indipendentemente dai possibili sviluppi processuali.

I termini
L'incompatibilità di cui all'articolo 63, comma 1, n. 4), del Tuel dunque si manifesta solo se sono presenti i requisiti di cui sopra, fermo restando che è il consiglio comunale a dover deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti e quindi verificare la sussistenza di cause ostative all'espletamento del mandato elettivo, garantendo all'amministratore interessato il contraddittorio, la difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa ostativa contestata. Circa la perentorietà del termine per la contestazione dell'incompatibilità e la sua successiva trattazione in consiglio e la possibilità di sospendere il procedimento in attesa della definizione del giudizio, il ministero ricorda che il termine di dieci giorni stabilito dall'articolo 40, comma 1, del Tuel per la prima seduta del consiglio comunale dopo la sua elezione non è perentorio ma solo acceleratorio, così come quello stabilito dall'articolo 38, comma 8, per la surrogazione dei consiglieri dimissionari, non essendo collegato alla sua inosservanza alcun effetto sanzionatorio. Ma, evidenzia, anche se i termini dell'articolo 69 fossero considerati ordinatori e non perentori, non è possibile sospendere il procedimento di verifica già avviato in attesa dell'esito del contenzioso né tantomeno decidere con una «convalida con riserva», in considerazione del fatto che i tempi processuali non sono preventivabili e che si verrebbe a vanificare la ratio dell'articolo 41, comma 1, che impone al consiglio comunale di esaminare nella prima seduta, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, la condizione degli eletti e dichiararne la eventuale ineleggibilità.

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