Ingegneri e architetti, l'albo professionale serve sempre di meno
Prosegue, dice il Cni, il calo di abilitazioni e iscrizioni. Zambrano: aprire l'ordine ai non iscritti
Nei primi anni 2000 gli abilitati superavano quota 20mila, nel 2019 restano poco sotto gli 8mila. E questo nonostante il numero dei laureati in ingegneria continui ad aumentare e i corsi di laurea ingegneristici risultino al vertice per numero di iscritti. I due andamenti opposti sono segnalati dal consueto rapporto elaborato dal Centro Studi del Consiglio nazionale ingegneri dedicato agli esami di abilitazione di ingegnere e architetto. Più esattamente, il rapporto segnala che solo il 29% dei laureati consegue l'abilitazione professionale per l'accesso alla Sezione "A" dell'Albo. Mentre tra i laureati di primo livello, quelli che si abilitano per la professione di ingegnere junior non arrivano al 2 per cento. «Oltre tutto, tra gli abilitati solo una piccola parte si iscrive effettivamente all'Albo», commenta il report.
Ma ecco i numeri. Su 27.418 laureati di secondo livello nel 2018, sono 7.906 gli abilitati del 2019 per la professione di ingegnere, e 3.570 si sono iscritti all'Albo (quest'ultimo dato è aggiornato al 15 gennaio 2021). Nel 2018 gli abilitati di secondo livello sono stati 8.489. Passando agli ingegneri junior (sezione B), gli abilitati per nel 2019 sono stati 606, in calo rispetto ai 631 del 2018. Complessivamente, nel 2019 il numero di abilitati alla professione di ingegnere e ingegnere junior è stato di 8.512, 608 in meno dell'anno prima, scendendo «per la prima volta sotto quota 9mila». Ed è anche la prima volta che il calo riguarda entrambe le categorie di abilitati, ingegneri e ingegneri junior. «Nella distribuzione tra i tre settori, va comunque registrato che, rispetto al 2018, si è ridotta leggermente la quota di abilitazioni nel settore civile ed ambientale a vantaggio di quella del settore dell'informazione che, pur restando su valori molto bassi (6,6%), per la prima volta regista un valore superiore rispetto a quello corrispondente dell'anno precedente. Sostanzialmente invariata resta invece la quota di ingegneri industriali (35,3%). Quanto agli abilitati per la Sezione B, quasi i tre quarti sono costituiti da ingegneri juniores civili ed ambientali, mentre si è ridotta sensibilmente, rispetto alla Sezione A, la quota di abilitati per il settore industriale (21%)».
«Questo fenomeno - segnala il presidente del Centro Studi del Cni Giuseppe Margiotta - non riguarda solo gli ingegneri, ma coinvolge anche altre professioni. Tra gli architetti, ad esempio, il numero di abilitati nel corso degli ultimi 20 anni si è praticamente dimezzato: nel 2019 sono stati circa 3.600, laddove nel 2003 superavano i 7mila». «Va anche detto - ricorda Margiotta - che su questi dati pesa il diverso orientamento, rispetto al passato, nella scelta del corso di studio in ingegneria, una volta fortemente orientato verso l'ingegneria civile».
Questo trend, che è iniziato a diventare evidente nel 2003-2006, impone ai rappresentanti della categoria delle iniziative da prendere. «A 20 anni dall'entrata in vigore del Dpr.328/01 che ha rivoluzionato la struttura degli Albi professionali e le modalità di accesso ad essi - premette il presidente degli ingegneri Armando Zambrano - dobbiamo constatare che cala la tendenza dei laureati in ingegneria ad iscriversi all'Albo. Ciò conferma la necessità, da parte degli Ordini, di aprirsi agli ingegneri non iscritti, di diventare attrattivi. Il Cni è arrivato ormai da tempo a questa conclusione orientandosi, anche attraverso il potenziamento della propria Fondazione, verso la proposta di un'ampia gamma di servizi per gli ingegneri che vanno dalla formazione, alla certificazione delle competenze, alla selezione delle migliori offerte di lavoro. Inoltre, stiamo lavorando perché possa aumentare l'appeal dell'Albo nei confronti dei laureati nei settori dell'ingegneria dell'informazione e industriale».
Il rapporto segnala infine che gli atenei delle città del Sud si confermano quelli con il maggior numero di abilitati, congiuntamente a un calo del 10% rispetto all'anno prima. Ancora più marcata (-15%), la diminuzione di abilitati negli atenei del Nord-Est, mentre più stabili sono le università del Centro Italia e del Nord-Ovest.