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Interdittiva antimafia e controllo giudiziale sull'impresa sono istituti autonomi

Le due diverse impostazioni degli istituti ne determinano l'autonomia processuale e sostanziale

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di Paola Maria Zerman

L'interdittiva antimafia e il controllo giudiziale sull'impresa sono istituti autonomi che non si influenzano reciprocamente.

Lo ha stabilito l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 8/2023) che ha escluso un nesso di pregiudizialità-dipendenza, tra i due procedimenti, ponendo fine alle incertezze interpretative generate dalla normativa non chiara.

Infatti, l'articolo 34-bis del codice antimafia (Dlgs 159/2011), che ha introdotto il controllo giudiziario a domanda, da parte delle imprese attinte da un'interdittiva antimafia, prevede, oltre al presupposto sostanziale dell'occasionalità dell'agevolazione mafiosa, quello di aver impugnato l'interdittiva davanti al Tar, senza però esplicitarne le conseguenze. Da cui la prassi, seguita anche dallo stesso Consiglio di Stato, di sospendere il processo amministrativo, così, di fatto, creando una pregiudizialità non prevista dalla norma. E non coerente con la natura della sospensione del processo - sollecitata peraltro dall'impresa, nel timore che la decisione di rigetto precludesse la concessione del controllo giudiziario - e facendola così diventare un «rimedio rispetto a potenziali decisioni sfavorevoli»

Nel respingere la tesi della pregiudizialità tra i due procedimenti, l'Adunanza Plenaria non si limita a valutazioni processuali, ma approfondisce la natura dei due istituti predisposti dall'ordinamento per contrastare l'infiltrazione mafiosa nell' economia, nella prospettiva di un risanamento, dove possibile, delle imprese. L'informazione interdittiva antimafia (articolo 91 del codice antimafia) è misura amministrativa di natura preventiva, emanata dal prefetto a seguito dell'accertamento di tentativi di infiltrazione diretti ad agevolare le attività criminose o a condizionare la vita dell'impresa. Il provvedimento preclude all'imprenditore di stipulare contratti con le pubbliche amministrazioni.

Effetti interdittivi che vengono sospesi dalla concessione del controllo giudiziario a domanda (articolo 34-bis), che persegue la finalità di carattere "dinamico" del risanamento dell'impresa solo occasionalmente interessata dal fenomeno mafioso, e presuppone una prognosi favorevole del tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione di contiguità mafiosa che ha determinato l'interdittiva.

Le due diverse impostazioni degli istituti, l'uno rivolto alla "fotografia" del passato (interdittiva), l'altro (controllo giudiziario) al futuro, perché finalizzato all'emendabilità dell'impresa, attraverso i controlli e sollecitazioni del il giudice delegato nel guidare l'impresa infiltrata, ne determinano l'autonomia processuale e sostanziale. Infatti, afferma il Consiglio di Stato, anche nell'ipotesi in cui l'interdittiva sia confermata dal giudice amministrativo, e dunque si «accerti in chiave retrospettiva l'esistenza di infiltrazioni mafiose nell'impresa» non per questo può ritenersi venuta meno l'esigenza di risanare la stessa, «al contrario questa esigenza si pone in massimo grado una volta accertata in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso».

E dunque, visto che l'eventuale decisione di rigetto dell'impugnazione dell'interdittiva non influenza la vicenda del controllo giudiziario, poiché la pregiudizialità dell''impugnazione dell'interdittiva concerne solo il momento genetico, è interesse della parte giungere ala più rapida definizione del merito dell'impugnazione, che, se favorevole, rimette l'impresa nel mercato, libera da sospetti di interferenze mafiose.

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