Amministratori

L'autodichiarazione legittima la fruizione dei permessi del consigliere comunale

Non è necessaria l'attestazione dell'ente presso cui il dipendente svolge l'attività istituzionale

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di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Per la fruizione dei permessi per lo svolgimento del mandato elettivo, previsti dall'articolo 79 del Dlgs 267/2000, non è necessaria l'attestazione dell'ente presso cui il dipendente svolge l'attività istituzionale, potendo ritenersi idonea l'autodichiarazione dell'amministratore. È quanto viene affermato dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, con la sentenza n. 812/2022.

La vicenda trae origine da un'indagine condotta dalla Procura regionale su un dipendente pubblico che, in veste di consigliere comunale, aveva fruito di numerose giornate di permesso retribuito, attestando con delle autodichiarazioni l'esistenza di impegni istituzionali derivanti dal mandato di consigliere.

Per la Procura la fruizione dei permessi in questione, retribuiti e non, sarebbe subordinata, ai sensi del disposto del comma 6 dell'articolo 79 del Tuel, all'attestazione dell'ente presso cui il dipendente svolge l'attività istituzionale.

La carenza della documentazione giustificativa ha indotto ad agire contro il dipendente contestandogli la restituzione di poco più di 20mila euro a titolo di danno alla finanza pubblica.

L'articolo 79, comma 6, del Dlgs 267/2000 prevede che «l'attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono e ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell'ente».

Il Viminale, con pareri del 17 maggio 2005 e del 19 gennaio 2015, resi sull'interpretazione del citato articolo 79, aveva affermato, ispirandosi ai principi generali in materia di semplificazione amministrativa, la piena equiparabilità tra certificazioni dell'ente e autodichiarazioni.

Partendo dalla ricostruzione sopra descritta, secondo la magistratura contabile laziale, è possibile provare lo svolgimento di attività istituzionali anche indipendentemente da attestazioni formali dell'ente locale, quando sussistono, plurimi e concordanti indizi che depongono, valutati alla luce del principio di ragionevolezza, per lo svolgimento di fatto delle attività auto dichiarate (quali, ad esempio, attestazioni rese dal Segretario comunale o da un dirigente, email, calendario appuntamenti, incontri, azioni svolte eccetera).

Occorre anche tener conto, si legge nella sentenza, che l'attività istituzionale svolta dagli amministratori locali non si estrinseca solo nella partecipazione alle sedute degli organi consiliari, ma anche in attività atipiche, svolte nell'interesse della collettività locale.

La disciplina legislativa del Tuel è finalizzata a bilanciare svariati interessi: quello del politico lavoratore a continuare a prestare la propria attività alle dipendenze altrui; quello della collettività a beneficiare dell'azione politica dell'eletto.

La normativa sui permessi, retribuiti e non, rende compatibili entrambe le attività, lasciando anche all'autonomia del politico lavoratore, alla luce del carico di lavoro e della posizione istituzionale rivestita, la fruizione dei benefici di legge.

Alla luce delle considerazioni esposte, la Corte dei conti ha dichiarato infondata l'azione risarcitoria attivata dalla Procura regionale.

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