L'imposta sulla pubblicità durante il lockdown
L'imposta sulla pubblicità, l'entrata tributaria di esclusiva competenza comunale che appartiene al cosiddetto mondo dei tributi minori è stata totalmente dimenticata dalla disciplina emergenziale emanata in questi ultimi mesi. Ne il decreto Cura Italia, nel il decreto Rilancio, hanno previsto alcun beneficio a favore di chi deve versare questa particolare imposta. Eppure sarebbe stato utile un intervento del legislatore, perché questo prelievo, al pari degli altri, meritava attenzione per le notevoli conseguenze portate dalla crisi economica e dal periodo di lockdown vissuto.
Il presupposto per l'applicazione dell'imposta si realizza con la diffusione di messaggi pubblicitari effettuati in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da questi luoghi percepibile. Secondo una definizione Comunitaria, la tipologia di pubblicità che rientra nell'ambito applicativo dell'imposta è rappresentata da qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni o la prestazione di opere e servizi.
La giurisprudenza di legittimità, a più riprese ha affermato che soggetto all'imposta è qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, che risulti oggettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti il nome o il prodotto dell'azienda.
In questo senso la diffusione di messaggi pubblicitari diventa rilevante quando viene effettuata in un luogo pubblico, ovvero quello accessibile in qualsiasi momento a tutti senza alcuna limitazione e condizioni, oppure quando viene effettuata in un luogo aperto al pubblico, ovvero quello al quale è consentito l'accesso solo in determinati momenti, e infine quando viene realizzata in un luogo esposto al pubblico, ovvero in un luogo privato situato tuttavia in modo tale da consentire di vedere o sentire ciò che in esso si trova o avviene.
Durante i mesi di lockdown, quando la maggior parte delle persone era confinata a casa, il presupposto d'imposta si realizzava comunque? È legittimo chiedersi se le condizioni che solitamente fanno nascere l'obbligazione tributaria possano ritenersi realizzate? E ancora, il beneficio economico che deriva dalla diffusione del messaggio reclamistico giustifica la tariffa deliberata dal Comune? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che potevano trovare risposte nella disciplina emergenziale. Il legislatore, così come aveva previsto delle agevolazioni per i pubblici esercizi e per gli ambulanti escludendo loro dal pagamento della Tosap per diversi mesi dell'anno, avrebbe potuto stabilire anche una misura di riduzione straordinaria da applicarsi all'imposta sulla pubblicità, calcolando l'agevolazione per il 2020 in proporzione ai mesi di mancato sfruttamento o comunque con un palese depotenziamento dell'effetto pubblicitario causato dalla limitata visibilità degli impianti.
La crisi delle società specializzate nella commercializzazione della pubblicità per conto terzi è testimone di questo improvviso depotenziamento e deprezzamento della pubblicità. Si pensi ai poster 6x3 dedicati alle affissioni, oppure alla cartellonistica lungo le strade di maggior circolazione, si pensi alla pubblicità realizzata sui veicoli, tutte forme di diffusione che nei mesi di marzo e aprile erano totalmente inefficaci, non raggiungendo quella massa indiscriminata di potenziali clienti dei prodotti pubblicizzati. Questa situazione, se da una parte ha comportato un azzeramento o quasi del fatturato di queste aziende, dall'altro, per effetto dell'applicazione della tariffa annuale calcolata ad anno solare, ha comportato comunque l'onere in misura integrale dell'imposta per l'intero anno 2020.
Difficile ora ipotizzare che le singole amministrazioni comunali possano prevedere direttamente delle agevolazioni in questo senso, senza quell'auspicato intervento da parte del legislatore. Non sarà sufficiente infatti prendere coscienza delle reali difficoltà vissute dalle aziende di pubblicità e, nonostante che gli stessi sindaci abbiano realizzato l'evidente depotenziamento dell'impiantistica presente sul loro territorio comunale, non è stato possibile attivare dei benefici senza una adeguata copertura per il mancato gettito. Pur rimanendo nell'ambito dell'autonomia riconosciuta ai Comuni, eventuali delibere di sostegno alle aziende sotto forma di sgravi, non avrebbero evidentemente garantito il giusto rispetto degli equilibri finanziari dell'ente stesso. Preso atto quindi che il governo non provvederà ad alcun ristoro per il mancato gettito dell'imposta sulla pubblicità e, dovendo quindi trovare le coperture nel bilancio comunale, gli amministratori si trovano di fatto impediti nell'adottare provvedimenti di sostegno per questo settore fortemente penalizzato e ignorato dai decreti emergenziali. I Comuni oggi sono già in grande difficoltà nel cercare di sostenere le aziende del territorio con sgravi per le entrate maggiori, Imu e soprattutto Tari, e difficilmente troveranno nuove energie e ulteriori risorse per colmare il vuoto della disciplina emergenziale in materia di Imposta sulla pubblicità.
(*) Docente Anutel