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La Cassazione «precisa» i contorni del reato di scambio elettorale politico-mafioso

Sussiste continuità tra vecchio e nuovo testo dell'articolo 416-ter del codice penale

di Amedeo Di Filippo

In tema di scambio elettorale politico-mafioso sussiste continuità tra vecchio e nuovo testo dell'articolo 416-ter del codice penale, come modificato dalla legge 43/2019, la quale ha solo precisato l'ambito applicativo della fattispecie inserendovi qualsiasi accordo con l'appartenente a un'associazione mafiosa in cui sia assunta la disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze del sodalizio. Lo afferma la quinta sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 42227/2021.

Il fatto
La questione verte sul delitto di cui all'articolo 416-ter del codice penale, ossia lo scambio elettorale politico-mafioso, che punisce chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni mafiose in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa. In caso di condanna consegue sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Il ricorrente ha contestato la presenza del metodo mafioso e la derubrica a scambio di utilità tra il politico e l'associato mafioso, sicché si sarebbe fuori della previsione dell'articolo 407 del codice di procedura penale per quanto riguarda i termini di durata massima delle indagini preliminari. Contesta inoltre che, a seguito della modifica apportata dalla legge 43/2019, il delitto può essere realizzato con due modalità: a) con l'accettazione della promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni mafiose; b) con l'accettazione della promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis. Solo nella seconda ipotesi l'utilizzo della violenza è "consustanziale" al reato di cui all'articolo 416-ter e si cade nella previsione dell'articolo 407. Nel caso di specie viene contestato di aver favorito un accordo di scambio tra un politico e un mafioso, sicché, ricadendosi nella prima ipotesi sopra formulata, l'articolo 407 risulta inapplicabile.

Il metodo mafioso
La Cassazione dichiara infondato il ricorso in quanto l'articolo 407 rimanda esplicitamente a qualsiasi delitto commesso avvalendosi del metodo mafioso o al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose. Il reato di cui all'articolo 416-ter era caratterizzato, fino all'avvento della legge 43/2019, unicamente dal fatto che il procacciamento dei voti era attuato o promesso con metodo mafioso, ma la nuova formulazione ha esteso la punibilità a qualsiasi accordo stipulato con l'appartenente ad un'associazione mafiosa, per cui vi è «perfetta continuità tra il vecchio e il nuovo testo dell'art. 416-ter», dal momento che, ribadita la punibilità dell'accordo che contempli l'utilizzo del metodo mafioso, vi sono state aggiunte parole volte ad ampliare il campo d'applicazione della norma, con una previsione riferita ai soggetti dell'accordo illecito e ai contenuti dello scambio. In pratica, la legge 43 ha solo rimodellato l'articolo 416-ter, così cristallizzando l'interpretazione operata dalla giurisprudenza di legittimità.
La conclusione è che il metodo mafioso ricorre anche quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea alla consorteria mafiosa e agisce per conto e nell'interesse di quest'ultima, sicché non è necessario che l'accordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l'attuazione o l'esplicita programmazione di una campagna elettorale mediante intimidazioni, poiché in tal caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso tramite la modalità di cui all'articolo 416 bis, terzo comma, può dirsi immanente all'illecita pattuizione.

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