La Consulta difende il Durc: nessuna deroga quando si altera la concorrenza
Bocciata la legge della Regione Toscana che esclude il rilascio del Durc per aiuti pubblici di modesta entità
Non è vero che nella legislazione nazionale esiste un «principio generale di obbligo di presentazione del Durc», tuttavia, in tutti i rapporti Pa/imprese che attengono alla garanzia di una corretta concorrenza, il Durc non si può derogare. È questa, in sintesi, la conclusione della Corte Costituzionale che, con la pronuncia n.141/2020 pubblicata l'8 luglio, ha bocciato la legge della regione Toscana con cui era stata ritagliata una deroga al rilascio del Durc in materia di aiuti pubblici.
Più precisamente, la Regione Toscana, è intervenuta introducendo modifiche a una norma (comma 1 dell'art. 49-bis della legge n. 40 del 2009) che imponeva il rilascio del Durc per la concessione e liquidazione di ogni tipologia di contributi, benefici e sovvenzioni regionali. Con una modifica chirurgica - dall'evidente scopo di semplificazione e accelerazione dei tempi burocratici - la regione ha confermato l'acquisizione del Durc per ogni provvedimento di concessione e nelle fasi della liquidazione di ogni tipologia di contributi, benefici, sovvenzioni, «di importo pari o superiore ad euro 5.000,00, effettuati con risorse regionali, a qualsiasi titolo e a favore di qualsiasi soggetto tenuto ad obblighi contributivi». Con la conseguenza di escludere l'obbligo del documento per tutti gli importi inferiori a 5mila euro.
A detta della Regione, «permangono difformità applicative sull'acquisizione del Durc in alcuni casi di contributi regionali per i quali l'obbligo non è previsto dalla normativa nazionale» e si è pertanto reso necessario «stabilire in via generale l'obbligo della relativa verifica». Ma la spiegazione non ha convinto i giudici della Consulta, che ha dichiarato l'illegittimità della norma.
Dopo aver ricordato che il rilascio del Durc, nel settore degli appalti pubblici, è un elemento di garanzia della corretta concorrenza tra le imprese, i giudici della Corte costituzionale hanno argomentato che anche il regime degli aiuti pubblici può a buon diritto rientrare «nell'accezione dinamica di concorrenza, la quale contempla le misure pubbliche dirette a ridurre squilibri e a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo degli assetti concorrenziali».
La norma della regione Toscana, spiegano i giudici, «pur riferendosi testualmente alle risorse regionali, non esclude che l'esenzione possa incidere su settori in cui il legislatore nazionale ritiene indispensabile assolvere l'obbligo di presentazione del Durc. In particolare l'esenzione potrebbe scattare anche quando si tratti di "lavoro e legislazione sociale", settore in cui, con giustificato rigore, si impone sempre la presentazione del Durc, nonché allorquando il beneficio sia, sì, finanziato dalla Regione, ma con il concorso di contributi europei, così entrando in conflitto con il d.l. n. 203 del 2005, come convertito, e con la legge n. 266 del 2005, che, in presenza di tali contributi, esigono sempre la presentazione del documento».
«In sostanza - conclude la Consulta - se non è corretto ritenere, come fa l'Avvocatura dello Stato, l'esistenza di un principio generale di obbligo di presentazione del Durc, deve però riconoscersi che non è compatibile con l'istituto, come modellato dalla legislazione statale, una disciplina che trovi nel dato quantitativo il suo unico punto di riferimento, prescindendo, dalla tutela di valori di particolare sensibilità sociale».
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di Celestina Dominelli