La convocazione anomala del consiglio comunale va denunciata in seduta, non al Tar
Il consigliere deve attivarsi prontamente in assemblea per azionare la tutela delle proprie prerogative
La legittimazione dei consiglieri comunali dissenzienti a impugnare davanti al Tar le delibere dell'organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale dato che il giudizio amministrativo di regola non è aperto alle controversie tra organi o addirittura tra componenti di organi di uno stesso ente. Il singolo consigliere dell'ente locale non è legittimato a impugnare le deliberazioni collegiali in ragione della sola qualità di componente che non abbia condiviso le determinazioni della maggioranza: ciò significherebbe spostare o continuare nelle sedi di giustizia una competizione che magari lo ha visto in minoranza o in disaccordo in sede assembleare. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 6143/2021) da ciò deriva che quando il consigliere sia stato presente nella seduta dell'organo comunale e non abbia segnalato all'inizio di essa la presunta irregolarità della convocazione, diventa del tutto irrilevante denunciare successivamente gli asseriti vizi della convocazione stessa. In altre parole se il consigliere non segnala immeditatamente l'accaduto e non chiede subito il differimento della discussione, rinuncia "seduta stante" a far valere le possibili anomalie della convocazione.
Per non farvi una sostanziale "acquiescenza" un vizio procedurale rileva solo nei casi in cui il consigliere abbia attivato prontamente gli strumenti di tutela delle proprie prerogative. Occorre perciò: che il consigliere prenda parte alle sedute dell'organo e alla discussione nel merito delle questioni, non optando per la mera astensione in sede di votazione finale; e che senza limitarsi alla mera affermazione della «offesa» dei propri diritti il consigliere metta concretamente in moto tutti i meccanismi procedurali previsti: mozioni d'ordine, richieste di sospensione della seduta, di rinvio della stessa.
Di conseguenza il consigliere non può dedurre in sede giurisdizionale «per la prima volta» la verificazione di circostanze che aveva l'onere di rendere note in sede amministrativa. E magari non per dimenticanza ma semmai perché l'esito della votazione non gli è "gradito".
Il Consiglio di Stato ha inoltre evidenziato che l'omissione o il ritardo nel fornire ai consiglieri comunali la copia di atti preordinati a una proposta di delibera non costituisce di per sé lesione delle qualità inerenti al loro ruolo, rimanendo la tutela circoscritta in un ambito esclusivamente politico, all'interno dell'organo di cui fanno parte, affidata all'espressione a verbale dell'eventuale dissenso. E in ogni caso va sempre comprovato in giudizio il superamento della "prova di resistenza" attraverso la dimostrazione che l'acquisizione della documentazione mai ricevuta avrebbe effettivamente influenzato gli esiti della deliberazione contestata.