Il CommentoPersonale

La prima mossa per il Pnrr è censire le competenze

di Pierluigi Mastrogiuseppe (*) e Cesare Vignocchi (**)

Nel dibattito sull’attuazione del Pnrr e negli ultimi provvedimenti del Governo per il rilancio della Pa il potenziamento del capitale umano ha assunto un ruolo centrale. È difficile, infatti, negare che il successo complessivo dell’intera operazione dipenderà dalle competenze professionali che la nostra Pa saprà mettere in campo.

Ma qual è l’area del pubblico impiego che, di fatto, sarà in prima linea nella realizzazione del Pnrr? L’occasione è buona per tentare di fare un po' di chiarezza circa le varie consistenze numeriche.

Nelle analisi sulla dinamica della forza lavoro si predilige di solito la suddivisione per “comparti”. Adottando questo taglio analitico, si può vedere che la diminuzione del personale - pari a 160 mila unità in dieci anni - è stato sopportata principalmente da enti locali, sanità e Ministeri.

Una rappresentazione alternativa suddivide gli occupati tra grandi bacini professionali. Dalle elaborazioni Aran sulle tendenze 2009-2019 della distribuzione del personale pubblico per gruppo profgessionale si vede, ad esempio, che , verosimilmente, i gruppi che risulteranno più coinvolti nell’attuazione del Pnrr, sono i dirigenti ed il personale amministrativo e tecnico, complessivamente circa 1,2 milioni di persone.

Nel gruppo dei dirigenti (43.000 unità nel 2019) sono comprese l’alta dirigenza statale e degli enti centrali, i dirigenti di piccoli e grandi uffici, di enti locali, scolastici, i dirigenti amministrativi di aziende sanitarie e così via.

Nel gruppo degli “amministrativi e tecnici” ci sono funzionari e impiegati amministrativi, profili tecnici di diverse aree professionali (lavori pubblici, Ict, cultura e sociale ecc.), personale esecutivo.

Secondo i dati Aran dal 2009 al 2019 i dirigenti sono diminuiti di oltre 15mila persone (-26%). Nello stesso periodo il gruppo degli amministrativi e tecnici ha perso quasi 200 mila unità.

Purtroppo, circa lo stato e la composizione professionale di questi due gruppi sappiamo molto poco. Una qualche idea del livello di professionalità ci viene dall’analisi dei titoli di studio. Scopriamo così che mentre la dirigenza consiste in massima parte di personale laureato, nel gruppo degli Amministrativi e tecnici i laureati sono il 18%, i diplomati il 49%, il personale con titolo di studio inferiore al diploma il 33% (per maggiori approfondimenti, Rapporto semestrale Aran n. 2-2020, www.aranagenzia.it).

Da questi numeri si possono trarre due indicazioni di policy: la necessità di un ampliamento delle consistenze occupazionali (l’allentamento dei vincoli alle assunzioni va in questa direzione); l’ulteriore e forse più rilevante necessità di un innalzamento dei livelli di professionalità (il personale esecutivo, con bassa qualificazione professionale che cesserà nei prossimi anni andrà rimpiazzato con personale più qualificato e scolarizzato).

Per supportare tali politiche, è necessario però uno strumento assestato per conoscere le professioni dei dipendenti pubblici.

Un dato chiarisce meglio il problema: è vero che la dirigenza è diminuita di 15 mila unità, ma nel contempo ha registrato cessazioni per 30 mila unità: ciò significa che, nonostante la riduzione, sono stati assunti in dieci anni 15 mila nuovi dirigenti. Ma quanti ingegneri gestionali, quanti economisti, quanti giuristi abbiamo assunto?