La Pubblica amministrazione paga formazione e albo ai professionisti in esclusiva
La pubblica amministrazione paga il costo di iscrizione all’albo professionale se il proprio dipendente esercita con obbligo di esclusiva. Il principio, posto dalla sentenza 116 del tribunale di Pordenone del 6 settembre 2019 (si veda il Sole 24 Ore del 21 settembre), è stato espresso con riferimento ad alcuni infermieri professionali, dipendenti con vincolo di esclusività da una Ausl; la stessa logica, tuttavia, riguarda ampie categorie (ingegneri, architetti, agronomi, avvocati), giungendo fino al limite dei professionisti che appartengono ad associazioni professionali “non collegiate”, disciplinate dalla legge 4/2013.
Il tema è stato da tempo affrontato dagli avvocati dell’Inps e dell’Inail, che hanno ribaltato sugli enti di appartenenza i costi di iscrizione all’Albo (Cassazione 7776/2015 e 3928/2007); stesso obbligo grava sui Comuni che abbiano un avvocato interno (Consiglio di Stato, parere 1081/2011). Un principio identico riguarda la progettazione di opere pubbliche che avvenga a cura delle amministrazioni aggiudicatrici: in tal caso, il dipendente che abbia un rapporto esclusivo con la Pa, può chiedere di restare indenne dalle quote di iscrizione all’Albo o collegio. Ciò in coerenza con l’articolo 24, comma 4, del Dlgs 50/2016 (testo unico appalti), il quale pone a carico delle stazioni appaltanti le polizze assicurative per la copertura dei rischi di natura professionale dei dipendenti incaricati della progettazione.
Ragionamento analogo può applicarsi ai corsi di formazione obbligatori: se il dipendente non si può giovare delle capacità affinate in tali corsi, a causa di un vincolo di esclusività che lo lega al datore di lavoro pubblico, i costi della formazione obbligatoria sono a carico della Pa.
L’accollo della spesa non riguarda gli eventuali oneri che il dipendente in regime di esclusiva affronta per accedere a nuove professioni, quali quella di responsabile della protezione dati (Rdp). Tale professione, infatti, non è tra quelle “collegiate”, ma è solo auto organizzata a norma della legge 4/2013: di conseguenza, non si può ribaltare sul soggetto pubblico il costo di adesione all’associazione stessa, perché la relativa iscrizione non è indispensabile all’esercizio della professione. La legge 4/2013, nell’ampliare le categorie professionali, esclude che dal nuovo regime delle professioni possano derivare «nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato». Quindi, l’iscrizione a un organismo di categoria libero o volontario, che non sia indispensabile per svolgere la prestazione lavorativa, resta a carico del dipendente.