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La rettifica della graduatoria di un concorso in caso di errore materiale è per la Pa un atto «doveroso»

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di Maria Luisa Beccaria

Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 3537/2020, ha chiarito che per la rettifica della graduatoria di un concorso pubblico occorre un provvedimento di secondo grado, di autotutela che interviene su di un precedente provvedimento della pubblica amministrazione.

Nella fattispecie all'esame dei giudici, la Pa aveva errato nella traduzione in punti dei criteri di valutazione dei titoli fissati dal bando e aveva alterato l'ordine della graduatoria fondata sui conteggi.

All'interno di un unico procedimento, a breve distanza di tempo dall'approvazione della prima graduatoria era stata adottata una rettifica, per la cui motivazione era sufficiente menzionare l'errore di fatto. Invero quest'ultimo è stato menzionato nel provvedimento impugnato che ha modificato le posizioni di alcuni candidati ai quali era stato assegnato, per mero errore materiale, un punteggio inferiore.

Essendo una rettifica doverosa non occorreva una motivazione aggiuntiva sulla sussistenza di esigenze di interesse pubblico diverse e ulteriori rispetto a quella del ripristino della legalità. Risultavano inoltre irrilevanti eventuali vizi formali o procedimentali, compreso l'omesso inoltro della comunicazione di avvio del procedimento.

I giudici hanno evidenziato come non sia configurabile un'esigenza pubblica alla conservazione di un atto a contenuto errato. Il principio di buona fede è infatti obbligatorio anche per la pubblica amministrazione, che deve agire con imparzialità in base all'articolo 97 della Costituzione, e deve correggere gli errori materiali.

La Pa dispone di una ampia discrezionalità di rettificare una selezione per titoli in concorso pubblico che, secondo la giurisprudenza, può essere attivata finchè non si sia instaurato formale rapporto di collaborazione sottoscritto da entrambe le parti contraenti dopo la nomina dei vincitori. Fino a quel momento i partecipanti vantano solo una aspettativa alla conclusione del procedimento.

La rettifica dell'iter valutativo si impone in presenza di giustificati motivi di pubblico interesse relativi all'attribuzione del punteggio corrispondente ai titoli posseduti da ciascuno dei concorrenti.

Di qui l'importanza dell'errore materiale, consistente in una inesattezza o svista accidentale, che denota una discrepanza tra la volontà e la sua rappresentazione, riconoscibile da chiunque e ricavabile dal contesto dell'atto.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 3537/2020

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