Il CommentoAmministratori

La riforma della Pa deve partire dai modelli organizzativi

di Marco Carlomagno (*)

Il recente imperversare della pandemia ci ha restituito l'idea di un quotidiano fatto di scenari mutevoli e imprevedibili. E per far fronte alle nuove sfide che ci attendono saranno sempre più necessarie capacità di resilienza, rapidità di adattamento e velocità di risposta. Come ben sappiamo, queste sono caratteristiche tipicamente assenti nelle nostre pubbliche amministrazioni, che si ritrovano purtroppo ancorate a sistemi organizzativi meccanicistici e piramidali, basati sugli adempimenti burocratici e in cui le procedure «pensano per tutti».

Questa triste considerazione raggiunge maggior rilevanza quando si pensa che proprio le pubbliche amministrazioni saranno essenziali per la ripartenza del nostro Paese, attraverso le riforme necessarie a porre l'Italia al passo degli altri stati europei e il massiccio programma di investimenti legato al Pnrr, che prevede numerose iniziative di incentivazione alle imprese e all'economia.

Per rendere le pubbliche amministrazioni un efficace motore di sviluppo della nostra Nazione serve un radicale cambio di passo, organizzandole in modo da garantire veloci decisioni e rapide attuazioni nel rispetto della legalità, e una efficiente gestione delle risorse. Le Pubbliche amministrazioni italiane, infatti, si sono dimostrate capaci di agire con rapidità nel periodo della pandemia, con tanti esempi di efficienza, ad esempio durante la campagna vaccinale, oppure per quanto concerne gli interventi a sostegno delle famiglie e delle imprese erogati da Inps e agenzia delle Entrate. In situazioni di normalità le pubbliche amministrazioni mostrano invece la loro inefficienza, a causa del loro sistema organizzativo basato su adempimenti burocratici, norme e procedure tortuose e inestricabili, controlli rigidi e formali, incapacità manageriali nell'assunzione di decisioni, viziate spesso dal consenso/controllo politico e dalla mancanza di una cultura basata sui risultati.

La ricetta per cambiare davvero le Pa è sintetizzata nella scritta apparsa sul palazzo a Santiago del Cile nel 2019 e diffusa in tutto il mondo durante la pandemia: «Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema». E diviene fondamentale superare, insieme al mantra del «si è sempre fatto così», anche la retorica della finta semplificazione normativa che ogni governo e ministro rilanciano costantemente, invece di pensare a migliorare la qualità legislativa che troppo spesso rinvia l'applicazione delle norme a decreti e regolamenti che non vengono emanati.

Una effettiva semplificazione normativa ha come presupposto un diverso modello organizzativo delle pubbliche amministrazioni, in cui vengano messe al centro le persone. Amministrazioni trasparenti che rendano conto dei risultati raggiunti, basate su meritocrazia, che siano al servizio esclusivo della Nazione (come recita l'articolo 98 della Costituzione), e quindi di cittadini, famiglie e imprese, tutelando l'interesse pubblico; che siano portatrici di nuovi modelli di organizzazione, capaci di dialogare con il privato e di sviluppare e valorizzare competenze nel proprio personale.

Solo la modifica dei modelli organizzativi delle pubbliche amministrazioni può produrre una riforma effettivamente in grado di sbloccare e "deburosaurizzare" le pubbliche amministrazioni, rendendo le norme più semplici e intellegibili. Superando finalmente la concezione arcaica, quasi feudale, di molti manager pubblici (rimasti ancorati al vecchio concetto di «tu lavori e ti dico io cosa devi fare»), e arrivando alla logica dell'engagement: coinvolgere il dipendente nella vision e negli obiettivi dell'amministrazione, investendo in formazione e in benessere organizzativo.

Procedendo verso un ritorno al futuro e non al passato!

(*) Segretario Generale FLP