I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

La soggettività attiva nel Canone unico patrimoniale

di Alessandro Merciari (*) - Rubrica a cura di Anutel

Il 2021 per gli enti locali si è aperto con l'importante novità costituita dall'istituzione del canone unico patrimoniale. La nuova entrata pensata per ridisegnare il mondo dei cosiddetti tributi minori che in vario modo erano in precedenza gestiti dai Comuni e dalle Province.
Il battesimo del nuovo canone è stato decisamente traumatico per gli enti chiamati a disciplinarlo di fretta e furia sulla base delle disposizioni contenute nella legge 160/2019. Da molte parti è stata invocata una proroga che, tuttavia, non è mai arrivata e oggi assistiamo a una corsa degli uffici per cercare di partire con il piede giusto nella gestione di questa nuova entrata.
Molti sono ancora gli interrogativi aperti, diversi i commi della legge che presentano delle lacune che devono necessariamente essere integrati con la disciplina regolamentare. In alcuni casi le amministrazioni locali devono spingersi in interpretazioni che tuttavia possono in qualche modo andare in contrasto con le disposizioni adottate da altri enti che operano nello stesso territorio.
Tra le diverse criticità sul campo, quella che al momento sembra di più difficile soluzione riguarda l'individuazione del soggetto attivo nei casi di esposizioni pubblicitarie effettuate su tratti di strada provinciale, regionale o statale. La problematica come si può intuire è importante e può creare situazioni di contrasto laddove enti locali diversi si possono ritenere legittimati a incassare lo stesso canone per il medesimo mezzo pubblicitario.
Se per le occupazioni di suolo pubblico la norma ricalca quella dei precedenti prelievi senza difficoltà interpretative su chi debba rilasciare le autorizzazioni e su chi sia legittimato a riscuotere il canone, altrettanto non si può dire per le iniziative pubblicitarie. Con il precedente prelievo la soggettività attiva era riservata ai Comuni su tutto il territorio comunale; l'imposta comunale sulla pubblicità veniva infatti incassata solo dal Comune, mentre l'ente proprietario della strada, nei tratti di propria competenza poteva eventualmente richiedere il pagamento di un canone riconducibile all'articolo 27 del codice della strada o all'articolo 53 del suo regolamento di attuazione.
Il legislatore nel comma 818 della legge 160/2019 ha definito la competenza comunale comprendendo tutti i tratti di strada situati all'interno di centri abitati di Comuni con popolazione superiore a 10mila abitanti. Definizione che, come detto, lascia aperta senza soluzione la problematica sulla competenza dell'impiantistica pubblicitaria.
Cosa succede sui tratti di strada non comunali fuori dai limiti dei centri abitati? E cosa accade nei percorsi delle strade provinciali o statali che attraversano i centri abitati di Comuni con popolazione inferiore a 10mila abitanti? Chi sarà in questi casi il soggetto attivo legittimato a richiedere il pagamento del canone?
Dalla analisi letterale della norma si potrebbe ipotizzare che in questi specifici casi la competenza appartenga all'ente proprietario o gestore della strada ovvero alla Provincia o alla Città Metropolitana, ma davvero è così? Realmente il legislatore voleva attribuire a questi enti la riscossione del canone anche per le iniziative pubblicitarie? E se così fosse, come si concilia con la necessità di garantire l'invarianza di gettito da parte dei Comuni? Molti di questi sono attraversati da strade provinciali, regionali e statali, una importante percentuale del loro gettito di imposta pubblicitaria deriva proprio da installazioni visibili da queste strade di grande percorrenza, impianti collocati in prossimità di queste arterie che da quest'anno secondo questa interpretazione letterale potrebbero fuoriuscire dalla sfera di competenza dei Comuni.
Secondo diverse e autorevoli interpretazioni questo non avverrà. Da più parti si ritiene infatti che il legislatore nel disciplinare la norma volesse intendere che la suddivisione delle competenze fissata nel comma 818 riguardasse esclusivamente la componente legata alle occupazioni di suolo pubblico, sottintendendo invece che la componente pubblicitaria dovesse rimanere di esclusiva competenza comunale, così come accadeva con i precedenti prelievi. Tuttavia questa diffusa interpretazione appare non sufficientemente supportata dal dettato normativo e presenta criticità. Perché se è vero che tutela i Comuni nel mantenere quella che era la base imponibile dell'imposta sulla pubblicità, è altrettanto vero che penalizza gli enti proprietari della strada, come le Province, che fino a ieri riscuotevano il canone basandosi sull'articolo 27 del codice della strada e che ora, per effetto dell'assorbimento nel nuovo canone, vedrebbero azzerato il loro introito.
Altra diversa linea interpretativa vede invece quale soggetto attivo per gli impianti pubblicitari lo stesso ente individuato per il rilascio dell'autorizzazione. Ovvero: sempre il Comune quando l'esposizione avviene all'interno dei centri abitati, e questo accade indipendentemente dal numero di popolazione residente nel Comune stesso così come vuole il codice della strada, e l'ente proprietario della strada per tutte le esposizioni effettuate fuori dal centro abitato. In questo modo, il soggetto che si assume l'onere di istruttoria e la responsabilità per il rilascio dell'autorizzazione in base alle proprie competenze esercitate su quei determinati tratti di strada, sarà anche il soggetto attivo del canone che vedrà così ristorata la sua attività con l'incasso del canone. Questa soluzione appare per certi versi la più logica, è quella infatti che consente il pieno svolgimento dell'iter amministrativo sotto un solo centro di responsabilità. Tuttavia anche questa rappresenta una soluzione che porta a una inevitabile perdita di base imponibile per i Comuni oltre che un inaspettato aumento di lavoro e competenze per enti come le Province che in questi anni si sono viste invece spogliare di attività e personale.
C'è infine anche chi vede la possibilità di avere due soggetti attivi, entrambi competenti per lo stesso mezzo pubblicitario, mantenendo separati i presupposti, da una parte quello di occupazione suolo pubblico, con autorizzazione e pagamento a favore dell'ente proprietario della strada, dall'altra quello di esposizione pubblicitaria da riconoscere sempre e comunque al Comune. In sostanza, secondo chi sposa questa interessante linea di pensiero, il disposto del comma 820, che di norma vede nei casi di coesistenza dei due presupposti prevalere quello pubblicitario, non troverebbe applicazione tutte le volte che l'impianto pubblicitario viene realizzato su suolo pubblico in tratti di competenza di un ente diverso dal Comune. In questi casi i due presupposti potrebbero rimanere separati dando origine a due soggettività attive. Verrebbe così legittimato da una parte il ruolo riconosciuto alle Province e alle Città Metropolitane per l'occupazione del suolo di loro competenza e dall'altra si garantirebbe ai Comuni la soggettività attiva per tutto ciò che rientra nell'ambito delle iniziative pubblicitarie. Punto di forza, probabilmente decisivo, di quest'ultima linea interpretativa è rappresentato proprio dalla tutela di tutti gli enti interessati che in qualche modo vedrebbero riconosciuto un loro ruolo attivo nel nuovo prelievo, garantendosi la possibilità di rispettare le esigenze di parità di gettito richiesto dal legislatore e il rispetto degli equilibri finanziari del proprio bilancio.
In questo quadro così complesso risulta difficile dire quale sia tra queste la soluzione migliore e soprattutto si ritiene impensabile che gli oltre 8mila enti locali italiani seguano la stessa linea interpretativa. La parola definitiva sulla questione potrà metterla solo il legislatore, con un intervento che definisca in modo chiaro e inequivocabile quali competenze debbano coesistere. Solo così si potranno evitare spiacevoli situazioni di contrasto tra enti che operano nello stesso territorio.

(*) Docente Anutel

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