Appalti

La stazione appaltante non è obbligata a stipulare il contratto ma deve concludere il procedimento

La procedura va portata a termine in coerenza con i principi della buona fede e della correttezza

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di Stefano Usai

La stazione appaltante è obbligata a concludere, in senso negativo o positivo, il procedimento amministrativo contrattuale e non può restare inerte alla richiesta dell'aggiudicatario definitivo di stipulare il contratto. In questo senso il Tar Lazio, Latina, con la sentenza n. 569/2021 .

La questione
Il ricorrente ha impugnato il silenzio serbato dalla stazione appaltante alle reiterate richieste di convocazione per procedere alla sottoscrizione del contratto d'appalto relativo all'affidamento di lavori di manutenzione.
Appaltatore, come è evidenziato nel ricorso, «in possesso di tutti i requisiti oggettivi e soggettivi» che ha «trasmesso la documentazione propedeutica alla stipulazione».
L'aspetto di rilievo è che il giudice, non potendo obbligare la stazione appaltante alla stipula del contratto si è pronunciato sul procedimento amministrativo correlato applicando i principi fondamentali in tema declinati nella legge 241/90.

La giurisprudenza
Il giudice ha rammentato che il termine per giungere alla stipulazione del contratto, ovvero i 60 giorni dall'efficacia dell'aggiudicazione (e quindi dal momento della verifica positiva sul possesso dei requisiti), non ha, evidentemente, un carattere perentorio ma solamente «sollecitatorio».
Se la stipulazione non avviene nel termine predetto «all'aggiudicatario è riconosciuto il diritto potestativo di sciogliersi dal vincolo obbligatorio nascente dalla sua offerta (con il rimborso delle spese contrattuali documentate e ferma, in presenza dei relativi presupposti, l'eventuale responsabilità precontrattuale dell'Amministrazione)».
Se l'appaltatore è però interessato al contratto e vuole conseguire l'affidamento «reputandolo vantaggioso o comunque opportuno, ha la possibilità di ricorrere avverso il silenzio innanzi al giudice amministrativo (Tar Liguria, n. 248/2021)».
Per l'amministrazione, che non ha perso la facoltà di stipulare il contratto anche se è decorso il termine anzidetto, permane però la necessità di effettuare la valutazione sulla persistenza dell'interesse pubblico.

La sentenza
Il giudice ha statuito la fondatezza del ricorso ravvisando l'obbligo della stazione appaltante di portare a conclusione il procedimento (ma non di concludere il contratto rimesso alla valutazione tecnica degli organi della stazione appaltante).
In pratica ha imposto la necessità di «una motivata determinazione, di segno positivo o negativo, sull'istanza del ricorrente, risultando parimenti evidente l'illegittimità del silenzio serbato dalla stessa amministrazione».
Violazione che riguarda uno dei principi fondamentali dell'azione amministrativa, in particolare il «principio generale codificato dall'articolo 2 della legge 241/1990, per il quale ove il procedimento consegue obbligatoriamente a una istanza ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la Pa ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso, quale che sia il suo contenuto».
Ovviamente il giudice non ha imposto l'obbligo di stipulare il contratto ma di portare a conclusione il procedimento amministrativo d'appalto in coerenza con i principi classici della buona fede e della correttezza.
Per giungere a quanto ha imposto di procedere entro 30 giorni con l'intervento, in caso di ulteriore inerzia, di un commissario ad acta.
La pronuncia ha consentito di rammentare che la legge 108/2021 (di conversione del Dl 77/2021 cosiddetto decreto semplificazioni bis ) ha previsto all'articolo 50, per i soli contratti finanziati, anche in parte, con i fondi del Pnrrf, Pnc o fondi strutturali Ue una serie di ipotesi in cui, in caso di inadempimento deve intervenire il cosiddetto funzionario sostituto (o l'ufficio) tenuto ad assicurare l'adempimento evitando ulteriori rallentamenti nell'azione amministrativa contrattuale.
Tra queste ipotesi è considerata anche la ritardata/omessa stipula del contratto. Previsione, quindi, in relazione ai contratti predetti, che ha reso non necessario l'intervento del giudice come nel caso di specie.

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