Amministratori

La verbalizzazione delle attività espletate da un organo collegiale è atto necessario

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di Gianluigi Delle Cave

Con sentenza n. 3544 del 4 giugno 2020, il Consiglio di Stato ha chiarito che la verbalizzazione delle attività espletate da un organo amministrativo costituisce un ‘atto necessario’, in quanto consente la verifica della regolarità delle operazioni medesime.
La decisione
Il Consiglio di Stato, in particolare, ha preliminarmente specificato che, secondo la dottrina in materia di studio sugli atti amministrativi, il verbale può definirsi quale «atto giuridico, appartenente alla categoria delle certificazioni, quale documento avente lo scopo di descrivere atti o fatti rilevanti per il diritto, compiuti alla presenza di un funzionario verbalizzante cui è stata attribuita detta funzione». Pertanto, un primo carattere importante degli atti verbali consiste nella documentazione di quanto si è verificato in relazione ad un determinato accadimento della vita e, nella sua qualità di atto amministrativo, deve essere distinto rispetto agli atti ed ai fatti che vengono rappresentati e descritti proprio nelle verbalizzazioni.
Ciò premesso, il Giudice di seconde cure ha, successivamente, evidenziato che, in relazione alla forma dell’atto amministrativo consistente nel verbale, il diritto amministrativo sancisce un principio (seppur temperato) di libertà della forma salvo che «non sussistono del diritto positivo delle specifiche norme giuridiche che dispongono invece una determinata forma richiesta per l’esistenza dell’atto c.d. ad substantiam». In buona sostanza, detto principio di libertà della forma è relativo alla possibilità di redazione di un atto in forma scritta senza il rispetto di particolari metodi solenni. Nel diritto amministrativo, poi, la forma degli atti è tendenzialmente libera, «potendo l'atto amministrativo rivestire sia la forma scritta (es. un verbale) sia la forma orale (es. un atto iussivo) sia la forma simbolica o per immagini (es. un segnale stradale)».
Nello specifico degli atti degli organi collegiali, secondo i Giudici di Palazzo Spada, di norma la forma scritta non qualifica le decisioni adottate dagli stessi potendosi le stesse manifestare mediante forme anche diverse dallo scritto, come per le votazioni e proclamazione delle stesse. Pertanto, nell’ambito degli organi collegiali, la volontà viene manifestata mediante formalità che possono essere anche differenti dall’atto scritto. La documentazione dell’atto, ovvero le deliberazioni, trova invece la sua fonte nella verbalizzazione di quanto viene manifestato all’interno della seduta del consesso. Detto verbale, in sintesi, forma la «memoria conservativa rispetto a quanto è accaduto nell’ambito delle decisioni intraprese dall’assemblea e va a costituire la documentazione amministrativa necessaria ai fini amministrativi». Il verbale, dunque, ha il compito di attestare il compimento dei fatti svoltisi in modo tale che «sia sempre verificabile la regolarità dell’iter di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, senza che sia necessaria una indicazione minuta delle singole attività che sono state compiute e le singole opinioni espresse». Il verbale, in buona sostanza, ha l’esclusivo compito di certificare fatti storici già accaduti e di assicurare certezza a delle determinazioni che sono già state adottate e che sono già entrate a fare parte del mondo giuridico dal momento della loro adozione: la mancanza o il difetto di verbalizzazione «non comportano, quindi, l’inesistenza dell’atto amministrativo, poiché a determinazione di volontà da parte dell’organo è distinta inequivocabilmente dalla sua proiezione formale».
Pertanto, dal punto di vista contenutistico, di conseguenza, l’atto di verbalizzazione ha una funzione di «certificazione pubblica, contiene e rappresenta i fatti e gli atti giuridicamente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegiata - dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale - che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell'atto», alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti.

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