Urbanistica

Lombardia, a rischio il bonus sugli immobili dismessi: le alternative per gli operatori

Il rinvio alla Corte costituzionale del premio volumetrico non deve scoraggiare gli investitori: le altre soluzioni in campo

di Francesco Rovetta

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 40 bis della legge regionale lombarda n. 12/2005 sollevata dalle recenti ordinanze del Tar Lombardia suscita numerosi punti interrogativi nel panorama degli investimenti immobiliari sul territorio regionale (almeno) nel prossimo anno.

Non v'è dubbio che gli incrementi volumetrici fino al 25% della superficie esistente, unitamente all'esenzione dall'obbligo di reperimento delle aree a standard e alla possibilità di deroga alle norme pianificatorie e regolamentari, costituiscano un forte incentivo alla riqualificazione degli immobili dismessi e abbiano per questo ridestato l'interesse ad intervenire su situazioni compromesse e di difficile rilancio.

È da chiedersi, tuttavia, se gli ampi margini di incertezza che vengono ora ad aprirsi sulla futura applicabilità della norma regionale rischino di bloccare lo slancio dei progetti di rigenerazione impostati sul presupposto del riconoscimento dei benefici appena ricordati.

Nel valutare questo aspetto occorre anzitutto considerare che le tempistiche di risposta della Corte Costituzionale – stando ai dati più recenti pubblicati dalla stessa Consulta relativi ai giudizi in via incidentale – risultano di poco inferiori all'anno, considerato l'intervallo tra la pubblicazione dell'atto di promovimento e la trattazione della causa. Si tratta in effetti di tempi ragionevolmente brevi, che potrebbero indurre ad attendere che il quadro normativo si consolidi definitivamente prima di procedere con l'intervento. Non può però escludersi che – come del resto già avvenuto in passato in situazioni analoghe – il legislatore regionale anticipi la pronuncia della Corte Costituzionale (forse presagendone l'esito negativo), modificando la norma contestata e rimescolando nuovamente le carte in tavola sia sotto il profilo dei tempi sia sotto quello dei contenuti dispositivi.

Oltretutto, data la perdurante validità dell'art. 40 bis fino a contraria statuizione della Consulta, alla fine del prossimo mese - salvo ulteriori proroghe - i Comuni dovranno procedere all'individuazione degli immobili soggetti alla disciplina della medesima norma regionale. Tale classificazione potrebbe innescare l'applicazione, ove l'art. 40 bis venisse poi dichiarato incostituzionale, di previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali, che, in alcuni casi, impongono adempimenti stringenti per il recupero degli immobili dismessi come sopra individuati. Un esempio su tutti è offerto dall'art. 11 del nuovo Pgt di Milano (norma che ha dato adito all'eccezione di incostituzionalità dell'art. 40 bis), il quale impone ai proprietari di edifici degradati di avviare i lavori di riqualificazione o demolizione degli stessi entro 18 mesi dalla relativa individuazione (periodo che deve quindi ricomprendere la progettazione delle opere e l'acquisizione dei necessari titoli abilitativi, nonché l'esecuzione delle eventuali bonifiche), pena la perdita delle superfici esistenti superiori all'indice di edificabilità di base (0,35 mq/mq).

Per gli operatori interessati ad interventi su queste tipologie di immobili è dunque più prudente ipotizzare da subito una strategia alternativa allo sfruttamento degli incentivi attualmente garantiti dall'art. 40 bis. Stessa avvertenza vale per chi ha già progettato interventi di recupero, ed eventualmente anche attivato le necessarie procedure autorizzative, puntando sull'applicazione dei benefici regionali. In quest'ultimo caso, infatti, va considerato l'effetto retroattivo dell'eventuale pronuncia di incostituzionalità che travolge anche i provvedimenti rilasciati in vigenza della norma poi dichiarata illegittima, fatti salvi i c.d. "rapporti esauriti", ossia, secondo l'orientamento della giurisprudenza, quei provvedimenti che non siano più passibili di impugnazione. È dunque molto probabile che la decisione della Corte, considerati i tempi di risposta sopra ricordati, intervenga prima che i titoli autorizzativi eventualmente ottenuti possano consolidarsi nel senso sopra indicato e sfuggire alla decadenza della previsione regionale sulla quale si fondano.

D'altra parte, nell'ottica di valutare possibilità di recupero degli immobili dismessi attraverso strumenti alternativi all'art. 40 bis, non sembrano mancare misure premiali già da tempo previste da norme statali e regionali, come il bonus volumetrico del 5% riconosciuto dall'art. 12, Dlgs. n. 28/2011 per ristrutturazioni che comportino un significativo contenimento dei consumi energetici, ovvero la disciplina lombarda sul c.d. "scorporo dei muri perimetrali" (L.R. 31/2014) e sul recupero dei piani seminterrati (L.R. 7/2017).

A questi si aggiungono anche ulteriori incentivi introdotti sempre dalla Lr 18/2019 sulla rigenerazione urbana, al pari dell'art. 40 bis e tuttavia non interessati da censure di incostituzionalità, come gli incrementi volumetrici disposti dal nuovo art. 11 della Lr 12/2005 e dalle relative delibere applicative (ove non siano già stati fortemente limitati in sede di pianificazione comunale, come nel caso di Milano), nonché le riduzioni degli oneri di urbanizzazione e del costo costruzione estese anche agli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione (artt. 44 e 48, Lr 12/2005).

Insomma, i dubbi di legittimità costituzionale dell'art. 40 bis non dovrebbero scoraggiare gli investimenti in operazioni immobiliari relative ad edifici ed aree dismesse, di cui pare comunque ancora facile intravvedere la convenienza pur senza fare affidamento sulle premialità della predetta disposizione regionale (per quanto ulteriormente stimolanti). Peraltro, non andrebbe neppure esclusa l'eventualità, attraverso opportuni meccanismi contrattuali ed accorgimenti procedimentali, di riservarsi da subito un possibile scenario incrementale in caso di conferma della norma regionale da parte della Corte.

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