Amministratori

Lotta al Covid, accelera la regia centralizzata

Dopo la sentenza della Consulta sulla preminenza delle leggi dello Stato

di Gianni Trovati

La decisione assunta ieri dal governo Draghi di affidare a un generale di corpo d’armata va molto oltre le polemiche che hanno circondato l’ex commissario Arcuri con intensità crescente nelle ultime settimane. E segna anche plasticamente un cambio di direzione che punta a rafforzare il peso del potere centrale nella gestione della lotta al Covid. Prima di tutto sui vaccini, dove una ripetizione della cacofonia regionale che ha accompagnato tanti passaggi negli ultimi mesi rischierebbe di avere effetti rovinosi. Perché dai tempi della vaccinazione, che una volta uscita dall’ambito ristretto del personale sanitario ha già mostrato rallentamenti pericolosi nel confronto con gli altri Paesi, dipende il calendario della ripresa economica. E il rischio, in caso di ritardi ulteriori come quelli che già ci separano da Usa e Regno Unito, è quello di allargare il divario con le economie che riescono a ripartire prima. Un rischio pesante per un’Italia che per esempio le stime della Commissione europea già collocano all’ultimo posto nell’Eurozona in termini di rimbalzo del Pil per quest’anno e il prossimo.

A tracciare in modo chiaro la rotta è stata la Corte costituzionale, che a gennaio ha sospeso e la settimana scorsa ha bocciato la legge regionale con cui la Valle d’Aosta aveva dettato una disciplina diversa da quella nazionale per regolare l’attività di ristoranti ed esercizi commerciali. In quel caso in gioco c’erano le restrizioni alle attività economiche introdotte per contenere le occasioni di contagio. Ma il punto è un altro.

La Corte ha accolto le obiezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato, anche con una mossa forte e praticamente inedita come la sospensione cautelare della normativa regionale decisa a gennaio, sulla base di un presupposto di fondo. La lotta al Covid-19, come spiegato in una nota dall’ufficio stampa della Consulta in attesa del deposito delle motivazioni che avverrà nelle prossime settimane, è «affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, a titolo di profilassi internazionale» perché la pandemia è «diffusa a livello globale». Di conseguenza non va confusa con una ordinaria questione sanitaria, su cui l’articolo 117 della Costituzione prevede una competenza concorrente fra Stato e Regioni; ma va rubricata appunto sotto la «profilassi internazionale» tema affidato alla competenza esclusiva dello Stato.

La Corte ovviamente non innova la disciplina costituzionale. Ma fissa con la forza di una sentenza un principio che molti osservatori, da Sabino Cassese a Giulio Tremonti, avevano sollevato fin dalle prime settimane della pandemia, di fronte al disordine dei rimpalli decisionali fra centro e periferia.

Un quadro caotico che in queste settimane ha cominciato a riproporsi anche sul piano vaccinale, come mostrano le tempistiche diverse che già stanno dividendo le Regioni nella protezione degli anziani o nelle controverse decisioni sulle categorie (e addirittura le professioni) da tutelare per prime. Un caos da cui il governo sa di dover uscire il prima possibile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©