Il CommentoAmministratori

Lotta al Covid, ai sindaci va riconosciuto un ruolo primario e specifico

di Ettore Jorio

Il Covid-19 pone problemi seri. Molti anche di metodo. Uno riguarda l'inutile conta giornaliera della somministrazione vaccinale, sulla quale ha inciso la solita ansia agonistica per guadagnare primati politici regionali. Un altro risiede nel non avere riconosciuto uno specifico ruolo ai sindaci, nel senso di essere chiamati a dire prepotentemente la loro, quali massime autorità sanitarie locali, in una pandemia che mette la vita dei cittadini in serio pericolo. Sarebbe stato molto più facile consentire loro, individuandone i poteri in un piccolo spazio dei numerosi decreti legge adottati, di emanare provvedimenti contingibili e urgenti per intervenire a tutela della salute pubblica, da subito in loco. Specie oggi con una crescita e diffusione incontrollata di varianti che impauriscono e non solo. Ciò in quanto mettono in pericolo l'efficacia dei vaccini, difficili a trovarsi e a riconoscergli l'efficacia specifica.

Una riflessione che potrebbe tornare utile a Mario Draghi e a Roberto Speranza, di certo non attratti, per cultura, da inutili competizioni tra Regioni fini a se stesse e da esercizi di potere tali da limitare l'autonomia territoriale e a impedire l'utile approvvigionamento dei vaccini, a efficacia progressiva. Ciò in quanto, entrambi avranno cura di portare a casa quanto occorre per dare agli italiani maggiori certezze di salute di quelle sino a oggi compromesse da circostanze solitamente avverse. I temi da affrontare e risolvere sono due.

Il primo è quello di pensare a riconoscere ai sindaci, a cominciare da quelli metropolitani, un primario ruolo di «guardiania» istituzionale e di adozione di provvedimenti di tutela preventiva urgente, mirata a scovare e impedire il diffondersi delle pericolosi varianti del Coronavirus. che si presumono numerose e diffuse.

Il secondo riguarda la disponibilità dei vaccini e la somministrazione degli stessi, a fronte dei quali è importante capire da dove, chi e quando farli. L'obiettivo primario in tal senso, quello più attuale da conseguire è rappresentato dalla percentuale dei vaccinati, dei resi indenni. Sperando che i medesimi rimangano tali a seguito del concitato sviluppo delle anzidette varianti, alcune delle quali temibili.

Allo stato attuale delle cose corrisponde tuttavia un serio dubbio di sufficienza delle dosi, cui va data soluzione attraverso l'accaparramento di ciò che occorre, quanto a vaccini resi realisticamente disponibili, prescindendo dalla provenienza purché efficaci. Quindi da ovunque e indipendentemente se provenienti dal mercato in senso stretto, purché arrivino in una quantità tale da capitalizzare in modo utile la sufficienza per assicurare agli italiani l'immunità di gregge. Una soluzione comunque non riconoscibile completamente come tale dai più avveduti, i quali avvertono la co-necessità di investire da subito sulla fabbricazione, meglio se in loco, dei richiami necessari a far sì che i vaccinati assumano capacità di resistenza alle più temibili tipologie sopravvenute a quella cinese divenuta nostrana a partire dal'inizio 2020.

A valle di tutto questo, rimangono le difficoltà, (si spera, solo) nel breve, della somministrazione dei vaccini, atteso il loro diverso trattamento conservativo e, dunque, di somministrazione. C'è quello prodotto dalla Pfizer che richiede una conservazione a -70 Celsius, in quanto tale impeditivo del trattamento di massa effettuato dai medici di famiglia perché non attrezzati allo scopo. Un limite, questo, non di poco conto del vaccino e soprattutto per la comunità nazionale, atteso che il medesimo offre la maggiore copertura percentuale e quindi un maggiore spettro d'azione degli altri in circolazione.

Una peculiarità che è naturale che ingeneri una qualche preoccupazione sui tempi e sui modi di somministrazione del vaccino che presenta comunque le migliori credenziali sulle varianti emergenti. Al riguardo, sarebbe indispensabile accelerarne la inoculazione impegnando in proposito anche l'inimmaginabile, purché garante della rigida catena del freddo indispensabile ad hoc.

In tutto questo, sono fuori gioco i medici di famiglia non perché inidonei a tal fine. Tutt'altro. Ciò in quanto non garanti, purtroppo, delle attrezzature necessarie alla sua conservazione. Un vero peccato, almeno in riferimento a quella tipologia di vaccino. Un handicap vissuto che potrebbe oggi tuttavia rappresentare lo stimolo a fare meglio e presto, impegnando un largo insieme di professionisti nella più grande vaccinazione di massa perfezionata con il contributo delle autorità sanitarie locali, che dovranno mettere a disposizioni ogni genere di risorsa, e dei medici di famiglia, indispensabili per vaccinare in prossimità del domicilio dei loro assistiti.