Mandato in partecipate, incarico a contratto, segretario comunale e prove concorsuali
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Incarico di presidente del Cda conferito a dirigente comunale
Quando un dirigente comunale riceve l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione di una società partecipata dal Comune, su designazione del Sindaco, il compenso eventualmente riconosciuto dalla società deve essere integralmente riversato all’ente di appartenenza. Questo obbligo deriva dal principio di onnicomprensività della retribuzione del pubblico dipendente, sancito dall’articolo 24, comma 3, del Dlgs 165/2001, secondo cui ogni emolumento percepito per attività riconducibili al rapporto di servizio con l’amministrazione deve confluire nella retribuzione principale.
Il mancato riversamento delle somme da parte del dirigente costituisce danno erariale, in quanto determina una mancata entrata per l’amministrazione. In tale senso si è espressa la Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per le Marche – con la sentenzan. 104/2025 del 28 maggio 2025, confermando la responsabilità contabile del dirigente per indebita percezione di emolumenti.
Inconferibilità dell’incarico a contratto, chiarimenti Anac
Con la deliberazione n. 200 del 14 maggio 2025, l’Anac ha chiarito che è da ritenersi inconferibile, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), del Dlgs 39/2013, l’incarico di responsabile del servizio tecnico (conferito ai sensi dell’articolo 110 del Tuel) a un soggetto che, nel cosiddetto “periodo di raffreddamento”, abbia prestato supporto tecnico-amministrativo (seppur mediante incarichi esterni) al Rup, con attività riconducibili alla gestione edilizia privata, quali la redazione di certificati di destinazione urbanistica.
La verifica circa la sussistenza di cause di inconferibilità deve essere effettuata nel momento del conferimento dell’incarico, in concomitanza con la presentazione della dichiarazione prevista dall’articolo 20, comma 1, del Dlgs 39/2013. È ammessa la partecipazione alla selezione pubblica, ma in caso di esito favorevole, l’amministrazione è tenuta a valutare compiutamente la posizione del candidato rispetto alle disposizioni sulla prevenzione dei conflitti di interessi e delle incompatibilità.
Incarichi a scavalco per i Segretari comunali: limiti normativi e contrattuali
Il Ministero dell’Interno – Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, con nota protocollo n. 0017541 del 9 giugno 2025, ha richiamato l’attenzione sul corretto utilizzo dell’istituto dello scavalco. Tale modalità di incarico è ammessa in via del tutto residuale, e deve rispettare specifici limiti temporali e procedurali. È prioritario, infatti, l’impiego dei segretari attualmente in disponibilità.
La circolare n. 4545 del 9 aprile 2020 ammette il superamento del limite massimo di tre incarichi di scavalco, fino a un massimo di cinque enti complessivi, compresa la sede di titolarità. L’articolo 62 del Ccnl dell’area funzioni locali del 16 luglio 2024 ha ulteriormente disciplinato l’istituto, stabilendo che le reggenze e supplenze a scavalco siano conferite con provvedimento motivato del Ministero, previo parere degli enti interessati, per un tempo massimo di 120 giorni (reggenze) o un anno (supplenze). Eventuali proroghe sono ammesse solo in caso di procedure di pubblicizzazione della sede andate deserte.
Si raccomanda, quindi, alle prefetture di attenersi scrupolosamente a quanto previsto dalla normativa vigente, anche per agevolare l’inserimento nei ruoli dei vincitori degli ultimi concorsi per segretario comunale, ancora in attesa di incarico.
Prove concorsuali e rispetto del principio dell’anonimato
In materia di procedura concorsuale, il Tar Lombardia – Sezione V, con sentenza n. 2074 del 9 giugno 2025, ha fornito indicazioni rilevanti in merito alla gestione dei casi di omissioni formali nella compilazione delle buste contenenti gli elaborati.
In particolare, è stato ritenuto legittimo il comportamento della commissione che ha rifiutato di riaprire un plico incompleto, ove mancava il nominativo nella busta piccola, inserita peraltro aperta nella busta grande, rendendo impossibile l’identificazione sicura del candidato. Tuttavia, qualora il candidato, prima della correzione, trasmetta all’amministrazione una comunicazione (ad esempio una e-mail) che consenta di ricondurre univocamente il numero identificativo del plico al proprio nominativo, la commissione è tenuta a procedere alla correzione della prova, in quanto non si configura una violazione del principio dell’anonimato.
L’assenza del nome nella busta piccola, in presenza di elementi oggettivi che consentano l’associazione certa del compito al candidato – come la corrispondenza documentata tra la comunicazione inviata e il numero identificativo – non comporta esclusione, né integra un segno di riconoscimento rilevante ai fini dell’annullamento.