Appalti

Mose, Matteoli condannato a 4 anni di reclusione e 9,5 milioni di multa

di S. Mo.

Si chiude l’ultimo capitolo (quello politico) della maxi inchiesta sul Mose, iniziata nel 2013 e diventata nota nel 2014 con 35 arresti per corruzione e appropriazione indebita. Assolto l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (centrosinistra), accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti durante la campagna elettorale. Per via di questa inchiesta Orsoni dette le dimissioni. A lui, nel 2014, il gip aveva rifiutato il patteggiamento.

Sorte diversa per Altero Matteoli (An), che all’epoca dei fatti contestati era ministro all’Ambiente: il tribunale di Venezia lo ha condannato a 4 anni di reclusione e a 9,5 milioni di multa per corruzione. Ricorrerà in appello. Sempre in ambito politico, nel 2014 aveva già patteggiato l’ex presidente del Veneto Giancarlo Galan.

Secondo la ricostruzione dei procuratori veneziani Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini, i vertici del Consorzio Mose, guidato da Giovanni Mazzacurati, avevano messo in piedi un sistema di fatture gonfiate per assicurare alle imprese consorziate la possibilità di crearsi fondi neri, nascosti in Svizzera e a San Marino. Il meccanismo era quello dell’esterovestizione di alcune commissioni, attraverso società fittizie canadesi e austriache che emettevano fatture per consulenze mai eseguite. Le fatture potevano essere gonfiate fino al 50%. Dal 2005 al 2011 sono stati così accumulati 40 milioni, provenienti dalle casse pubbliche che finanziavano l’opera. Le imprese non avevano peraltro nemmeno bisogno di vincere i bandi per i lavori, visto che la legge speciale sul Mose permetteva di usare in piena libertà gli affidamenti diretti, in deroga al Codice degli appalti. Molti indagati hanno già patteggiato.

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