Fisco e contabilità

Mutui flessibili, una scelta per alleggerire le posizioni degli enti rispetto al pareggio di bilancio

Lo strumento, alternativo all'assunzione del prestito ordinario, risulta ancora poco utilizzato

di Daniela Ghiandoni e Elena Masini

Lo strumento del mutuo flessibile, alternativo all'assunzione del prestito ordinario, risulta ancora poco utilizzato dagli enti locali, nonostante lo stesso possa produrre vari benefici.

Le sue regole di assunzione e utilizzo sono ben disciplinate all'interno della circolare delle Cassa depositi e prestiti n. 1280/2013 e dall'esempio n. 1 contenuto nel Principio applicato allegato 4/2 al Dlgs 118/2011. La peculiarità di questa tipologia di prestito è quella di adattarsi al cronoprogramma delle spese da finanziare, consentendo la sottoscrizione del contratto complessivo nel corso dell'esercizio, nel rispetto dei limiti di indebitamento previsti dall'articolo 204 del Tuel con contestuale assunzione dell'impegno di spesa a carico degli esercizi in cui le somme del mutuo saranno concesse, in funzione del cronoprogramma approvato dall'ente, come, ad esempio, nel caso di utilizzo della nuova tipologia «dell'accordo quadro».

Ma quali sono i vantaggi che tale strumento potrebbe rappresentare? Innanzitutto, c'è il fatto che il mutuo flessibile consente di allineare la decorrenza delle rate di ammortamento con l'effettivo utilizzo delle risorse prese a prestito, minimizzando il rischio di dover pagare le rate senza aver effettivamente utilizzato i fondi richiesti. Un altro aspetto da non trascurare sono gli impatti sul rispetto delle regole del pareggio di bilancio che va certificato da parte del responsabile finanziario, all'interno di una più generica dichiarazione di rispetto dei vincoli di finanza pubblica richiesta dagli enti mututanti in un contesto interpretativo tutt'altro che pacifico.

Le posizioni in contrasto sono ben riassunte nella delibera della Corte dei conti – Sezione Lombardia n. 58/2021, nella quale sono richiamate sia l'interpretazione assunta dal ministero dell'Economia e finanze con ben due circolari (la n. 5/2020 e la n. 8/2021) da un lato e quella espressa dalla Corte dei conti – Sezioni Riunite - delibera n. 20/2019, in merito all'applicazione degli articoli 9 e 10 della legge 243/2012, dall'altro.

Le norme in oggetto avevano imposto agli enti territoriali l'obbligo di rispettare il pareggio di bilancio, quale presupposto per la legittima contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti, con successivo ridimensionamento avvenuto a seguito dell'emanazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 247 - 252/2017 e n. 101/2018 , con le quali era stata espressa l'esigenza di assicurare la piena disponibilità dell'avanzo di amministrazione e del Fondo pluriennale vincolato agli enti che lo avrebbero realizzato.

La successiva approvazione dell'articolo 1, comma 821, della legge n. 145 del 2018 aveva apparentemente sostituito l'obbligo del pareggio, tanto che le circolari ministeriali avevano specificato due regole distinte per l'accesso all'indebitamento:

1) ogni singolo ente avrebbe dovuto rispettare gli equilibri complessivi finanziari di bilancio prescritti dall'ordinamento contabile, oltre alle altre norme di finanza pubblica che pongono limiti, qualitativi o quantitativi, all'accensione di mutui o al ricorso ad altre forme di indebitamento;

2) il pareggio di bilancio andava comunque rispettato, ma dall'intero comparto nazionale e regionale e non più dal singolo ente.

L'aspetto controverso è però legato al fatto che la delibera n. 20/2019 sosteneva che, nelle more dell'approvazione delle intese regionali o patti nazionali previsti dall'articolo 10 della legge 243/2012, che avrebbero permesso all'ente che intendeva finanziare un investimento mediante il ricorso al debito, di acquisire i necessari «spazi finanziari», l'ente locale avrebbe dovuto rispettare singolarmente e non come comparto i limiti del pareggio di bilancio.

In questa diversità di vedute spetta purtroppo al responsabile del servizio finanziario assumere una posizione, sottoscrivendo o meno il provvedimento amministrativo di assunzione di debito da trasmettere all'ente finanziatore per la successiva sottoscrizione del contratto di mutuo. In questo caso, quindi, sarebbe opportuno valutare la possibilità di assumere mutui flessibili, il cui accertamento e relativo impegno non influenzano l'anno in corso, ma si distribuiscono secondo cronoprogramma, diluendo così gli impatti sul pareggio. Così facendo si avrebbe quanto meno certezza del calcolo del saldo, dato che non è ancora chiaro se, con il mutuo tradizionale, il Fpv di spesa e di entrata finanziato da mutuo rilevi oppure no.

Lasciando a parte i commenti in merito al ruolo ancora una volta "scomodo" del responsabile finanziario che si trova ad operare senza punti di riferimento certi, non si può far altro che sperare che il legislatore proceda ad una complessiva rivisitazione organica della materia, superando definitivamente la coesistenza di plurimi piani normativi ispirati a differenti esigenze e criteri contabili. L'annunciata revisione dei vincoli europei del patto di stabilità e crescita resi necessari dal mutato contesto economico e sociale connesso all'emergenza Covid potrebbe essere l'occasione utile che il legislatore italiano dovrà cogliere.

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