Il CommentoPersonale

Nel Piao prove di integrazione fra le attività degli uffici

di Raffaella Dall’Anese e Renato Ruffini

Con il Piano integrato di attività e organizzazione (Piao), le cui Linee guida sono state approvate dalla conferenza Unificata, probabilmente si apre una stagione di ripensamento e sviluppo del sistema di gestione della performance nelle Pa avviato con il Dlgs 150/09. L’idea di fondo che ha ispirato l’intervento è stata di risistemare e semplificare i numerosi atti di pianificazione che si erano stratificati negli anni, per avere uno strumento di più agile individuazione delle linee portanti dell’azione amministrativa. Un Dpr abrogherà quindi le disposizioni sull’adozione dei piani e adempimenti destinati a essere assorbiti dal Piao.

Sul principio non si può non essere d’accordo. Ma l’arte della semplificazione è una delle più difficili da esercitare, poiché sono sempre in agguato intrecci normativi non previsti o effetti non voluti. Per esempio l’idea ipotizzata di togliere la sezione strategica dal Dup (modificando l’articolo 170 del Dlgs 267/2000), sostituendola con una sezione che illustra la creazione di valore nel Piao, così come quella di modifica dell’articolo 108 dello stesso decreto legislativo eliminando la previsione che sia il direttore generale a fare il piano degli obiettivi e proporre il Peg, per quanto razionali nell’ottica del Piao potrebbero avere ripercussioni non prevedibili nella capacità di programmazione strategica e di governance degli enti locali poiché concentrano tutte le decisioni nell’organo esecutivo. Allo stesso modo le modifiche al Dlgs 150/09 dovranno essere valutate con attenzione, soprattutto per quanto attiene il sistema sanzionatorio (articolo 10 comma 5) che a questo punto appare applicabile a tutte le amministrazioni, indipendentemente dal mancato accordo previsto dall’articolo 16.

Dalle linee guida del Piao è al momento difficile capire se sarà qualcosa di veramente nuovo o semplicemente, a seconda delle capacità degli enti, una mera sintesi o una collazione dei diversi piani preesistenti. Il vero problema a cui il Piano dovrebbe rispondere è quello dell’integrazione, ma è proprio la capacità di integrazione tra uffici che fanno cose diverse in tempi diversi (performance, anticorruzione, pianificazione organici, eccetera) quella che manca nella cultura organizzativa delle amministrazioni, e non basta una legge per modificarla. La speranza è che gli enti comprendano e accettino questa sfida.

In questo contesto occorre però porre attenzione alle Pa che sono già avanti nell’attività di integrazione della pianificazione. Per esempio nelle università già da tempo esiste un piano integrato con linee guida Anvur. Sarebbe bene che questi enti mantenessero il loro percorso in modo autonomo e coerente.

Allo stesso modo negli enti sanitari i sistemi di programmazione e controllo sono già piuttosto evoluti e integrati sia nei singoli enti sia nel sistema regionale. In relazione a ciò, bene ha fatto la conferenza delle Regioni a produrre un documento molto chiaro in cui in modo motivato si raccomanda che l’applicazione del Piao in ambito sanitario preveda un coinvolgimento diretto delle singole Regioni nella sua traduzione operativa, sia per quanto riguarda l’integrazione con altri piani sia per la tempistica.