I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Nella legge di bilancio riproposto il sostegno agli enti in predissesto in condizioni socio-economiche svantaggiate

di Antonio Infantino (*) - Rubrica a cura di Anutel

La Corte costituzionale con diverse sentenze negli ultimi due anni (la n. 18/2019 e le n. 4 e 115 del 2020) ha ridisegnato il perimetro entro cui devono muoversi gli enti strutturalmente deficitari e, in particolare, quelli che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.
Strumenti come la trentennalizzazione del risanamento, l'utilizzo delle anticipazioni di liquidità per azzerare o ridurre i disavanzi originati dal fondo crediti di dubbia esigibilità così come la possibilità di ripianare deficit diversi con tempistiche variegate, sganciata dai piani di equilibrio, solo per rinviare sine die una dichiarazione di dissesto, dovrebbero, si spera, essere messi definitivamente nel cassetto.
Proprio per dare attuazione ai principi enunciati dai giudici di Palazzo della Consulta, con l'ultima sentenza in ordine di tempo, la n. 115/2020, il legislatore è intervenuto prevedendo un fondo di sostegno in favore dei Comuni in predissesto, il cui deficit strutturale dipende dalle condizioni socio-economiche del territorio e non da patologie organizzative legate alla riscossione delle entrate proprie.

La platea degli interessati tra vecchie e nuove norme
Con la legge di bilancio 2021, commi dal 775 al 777, viene ampliata la platea dei Comuni destinatari del fondo di sostegno con conseguente incremento delle risorse: 100 milioni di euro nel 2021 e 50 milioni di euro nel 2022. Le finalità rimangono quelle previste dall'articolo 53 del Dl 104/2020, ossia: dare sostegno ai Comuni che hanno indicatori di vulnerabilità sociale e capacità fiscale al di sotto dei valori medi nazionali.
Nel decreto di agosto sono stati presi in considerazione solo i Comuni che avevano i piani di equilibrio già approvati dalla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti o quelli che dovevano rimodulare i loro piani di risanamento a seguito di decisioni della stessa magistratura contabile o della Corte Costituzionale (vedi le sentenze n. 18/2019 e n. 115/2020). Con il comma 775, invece, sono inclusi anche gli enti, che alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2021, risultano avere il piano in attesa di deliberazione da parte della Corte territoriale. Sembrerebbero esclusi da questa casistica i Comuni che hanno deliberato il ricorso al predissesto ma che non hanno ancora deliberato l'approvazione del piano di riequilibrio.
Il riparto del fondo avverrà, invece, ai sensi del successivo comma 776, con decreto del ministero dell'Interno di concerto con il ministero dell'Economia e delle Finanze, con le stesse procedure previste dal Dl 104/2020, sulla base di alcuni parametri che ampliano ulteriormente la platea degli enti interessati da questa forma di sostegno. L'indicatore di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm) calcolato dall'Istat, non dovrà più essere superiore a 100 bensì alla media nazionale (99,30) e la capacità fiscale non dovrà essere più inferiore a 395 ma 495. Cambiano, in sostanza, i parametri di riferimento con un evidente ampliamento dei Comuni interessati al riparto che oggi includono anche quelli delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria e Veneto oltre a quelli della Regioni meridionali già ricompresi nel primo riparto dello scorso anno. Restano esclusi, ancora, gli enti di Sicilia e Sardegna poiché in queste Regioni non viene calcolata la capacità fiscale.
Il riparto effettivo, come nel 2020, avverrà tenendo conto della quota pro capite di debito oggetto del piano di equilibrio, sulla base della popolazione residente il 1 gennaio 2020, e dal peso della massa passiva da ripianare sulle entrate correnti.
Non si comprende, però, come la disposizione non obblighi questi enti a riformulare gli originari piani di equilibrio, adottati dal consiglio o approvati dalla Corte dei conti, atteso che si tratta, in diversi casi, di consistenti risorse che possono stravolgere, in meglio, il percorso e la durata del risanamento finanziario oltre che gli stessi mezzi di copertura di debiti e disavanzi a suo tempo rilevati.

La decisione della corte costituzionale e le misure di risanamento dei conti dei Comuni
Come ha rilevato la Sezione delle Autonomie il fenomeno degli enti in predissesto e dissesto ha una forte connotazione territoriale, con i Comuni del sud Italia in cima alla lista. Ciò è a maggior riprova di quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale che ha definitivamente chiarito come le misure statali di risanamento finanziario possono giustificarsi solo in presenza di un deficit strutturale imputabile alle caratteristiche socio economiche della collettività e del territorio e non a inefficienze organizzative o amministrative del singolo ente, tracciando così un confine più facile da definire in teoria che nella pratica, trattandosi di problematiche e criticità fortemente intrecciate nella gestione operativa di molti Comuni italiani.
Certo è che il provvedimento in esame continua a riguardare un numero molto limitato di enti locali con il solo scopo di arginare, ancora una volta, il deficit di Comuni di medie grandi dimensioni. I continui interventi legislativi non faranno venir meno i profili di criticità atteso che anche le attuali disposizioni, o meglio la loro riproposizione, si inserisce in un contesto normativo frammentato e disorganico, frutto solo dell'esigenza di intervenire per fronteggiare situazioni contingenti. In questo quadro si inseriscono anche le norme contenute nell'articolo 53, comma 6, del Dl 104/2020 che hanno consentito, attraverso una modifica espressa dall'articolo 194, comma 3, del Tuel, di poter rateizzare i debiti fuori bilancio oltre gli originari tre anni, attraverso un piano di rateizzazione concordato con i creditori che potrebbe avere, potenzialmente, anche una durata superiore ai 20 anni.
La disposizione legislativa, come hanno osservato le sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti, in fase di conversione del Dl 104/2020, potrebbe essere non in linea con i principi dettati dalla giurisprudenza costituzionale. Questa misura, infatti, potrebbe avere effetti negativi sulla tenuta degli equilibri di bilancio prospettici, senza considerare che, di fatto, depotenzia l'istituto del predissesto.
Quanti enti, infatti, ricorreranno a questo strumento di risanamento quando la loro massa passiva è costituita esclusivamente da debiti fuori bilancio? Perché dovrebbero sottoporsi ad una procedura complicatissima che espone gli stessi Comuni a un eventuale, quanto probabile, diniego all'approvazione del piano di equilibrio, soprattutto quando le coperture finanziarie sono incerte e ballerine? L'impianto normativo a supporto della gestione della crisi finanziaria, delineato nell'ultimo anno, non appare essere correlato con le difficoltà operative degli enti locali se non per il salvataggio in extremis di pochi Comuni.
L'intero sistema posto a presidio degli enti strutturalmente deficitari evidenzia diversi aspetti problematici per questo si auspica, anche da parte degli operatori dei servizi finanziari, che vi sia un intervento sistemico e una riconsiderazione complessiva della finanza locale in presenza di fattori, esogeni ed endogeni, che portano allo squilibrio finanziario, anche attraverso strumenti stabili, evitando di ricorrere a misure emergenziali che rischiano di acuire i problemi piuttosto che risolverli.

(*) Docente e componente del consiglio generale Anutel

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