Niente aumenti di Imu e Tasi per salvare i conti locali
Le misure fiscali che gli enti possono mettere in campo entro il 31 luglio per salvaguardare gli equilibri di bilancio non evitano il blocco delle aliquote: per sostenere i conti, insomma, si può agire solo sulla Tari e sulla tassa di sbarco, le uniche due voci escluse dal congelamento delle aliquote locali in vigore da tre anni.
Le due risoluzioni
A sostenere la tesi è la risoluzione 1/2017 diffusa ieri dal dipartimento Finanze, che fissa i confini della deroga salva-conti: la regola speciale, in pratica, riguarda il calendario, e permette di aumentare il conto a carico di cittadini e imprese anche dopo le scadenze di bilancio (e comunque entro il 31 luglio), ma non vince sulla regola generale che impone di non modificare Imu e Tasi (oltre all’addizionale Irpef e ad altre voci minori).
Da quest’ultimo punto di vista un’altra risoluzione di ieri, la 2/2017, detta le istruzioni su com’è possibile modificare il mix di Imu e Tasi senza infrangere la norma. Istruzioni che possono essere utili per correggere in autotutela errori e, in autunno, per impostare le manovre 2018. Il Comune che ha avanzato il quesito proponeva di portare dal 10 al 7,6 per mille l’Imu su capannoni e alberghi, introducendo però sugli stessi immobili una Tasi al 2,4 per mille. Questa doppia mossa rispetterebbe l’obbligo di non aumentare la pressione fiscale complessiva, ma non è percorribile perché avrebbe un effetto collaterale sugli inquilini. Le scelte possibili sono due: limitare il cambio di aliquota agli immobili «non locati» o rinunciare alla quota di Tasi a carico degli occupanti, limitando la richiesta ai proprietari.
La risoluzione Finanze n. 1/DF/2017
La risoluzione Finanze n. 2/DF/2017
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