Urbanistica

No al rimborso di Imu e tassa rifiuti versate per un immobile abusivo

Lo precisa il Tar del Lazio respingendo il ricorso di un cittadino proprietario di un edificio non sanabile

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di Davide Madeddu

Per l'Imu e la tassa per lo smaltimento dei rifiuti relativa a un ampliamento abusivo non sanabile non è previsto il risarcimento. È uno degli aspetti che emerge dalla sentenza numero 12366/2022 pronunciata dal Tar del Lazio (seconda sezione stralcio).

La vicenda nasce nel 2004 quando il proprietario di un immobile in cui è stato realizzato un ampliamento di 38 metri quadrati in uno stabile di sua proprietà, presenta istanza di condono ai sensi della norma 326 del 2003. Nel 2012 il preavviso di rigetto all'istanza perché l'area è soggetta a vincoli paesaggistici con conseguente "non condanabilità dell'intervento". Quindi il ricorso al Tar che, dopo una lunga disamina rigetta il ricorso relativo proprio alla controversia principale.

I giudici amministrativi, nel dispositivo, chiariscono anche altri due passaggi sulla questione "risarcitoria" portata avanti dal ricorrente. Per i magistrati amministrativi "il rigetto dell'istanza di condono, la cui legittimità risulta positivamente vagliata nella presente sede giurisdizionale alla luce delle considerazioni sopra illustrate, comporta l'onere per l'Amministrazione di restituzione delle somme versate a tali fini, con la conseguenza che tale somma non può costituire valida voce di danno risarcibile".

C'è poi un altro aspetto e riguarda quanto nel corso degli anni è stato pagato da proprietario che poi ha presentato ricorso. "Quanto agli importi versati a tiolo di Imu e di tassa rifiuti - scrivono i giudici - gli stessi sono strettamente connessi, e trovano la propria causa giustificatrice, nella realizzazione di una nuova unità immobiliare di cui parte ricorrente ha finora pienamente goduto, per cui la loro causa genetica resta ferma anche in caso di rigetto dell'istanza di condono, e la relativa insorgenza è determinata da un comportamento della ricorrente – ovvero la realizzazione di una unità immobiliare di cui ha finora goduto - dalla quale discende la sottoposizione ai relativi onere di legge che non possono formare oggetto di istanza risarcitoria, in quanto in alcun modo connessi al ritardo dell'Amministrazione nel provvedere, che anzi ha consentito la permanenza di un illecito edilizio di cui la ricorrente ha fruito".

Quanto al caso specifico i giudici sottolineano che "tale istanza risarcitoria è stata genericamente articolata, apoditticamente riconducendo le predette spese ad una responsabilità dell'Amministrazione nel ritardo nel provvedere, laddove il versamento degli oneri concessori sarebbero stato comunque dovuto, a prescindere dalla tempistica di definizione dell'istanza, così come il pagamento degli ulteriori oneri fintanto che sussista l'aumento di superficie utile residenziale". Non solo: "Deve, inoltre, ricordarsi, che il danno da ritardo, per essere risarcibile, presuppone l'accertamento della spettanza del bene della vita – nella specie insussistente – il che integra ulteriore ragione dell'infondatezza della proposta istanza risarcitoria". Ricorso rigettato .

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