I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Nuova bocciatura della Consulta sulle anticipazioni di liquidità, a rischio i bilanci degli enti locali

di Antonio Infantino (*) - Rubrica a cura di Anutel

Dopo poco più di un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 4/2020, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 6, del Dl 78/2015 sull'utilizzo del fondo anticipazioni liquidità (Fal) ai fini del finanziamento del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde), la stessa Consulta è ritornata sulle anticipazioni di liquidità con la sentenza n. 80/2021, bocciando anche le disposizioni contenute nell'articolo 39-ter del Dl 162/2019, convertito nella legge 8/2020.
Secondo i giudici costituzionali la norma che consente di ripianare i disavanzi generati dalla reiscrizione del Fal nel rendiconto del 2019 attraverso lo stesso accantonamento iscritto in entrata nel bilancio autorizzerebbe un illegittimo incremento della capacità di spesa e precluderebbe il corretto ripiano del deficit, violando diversi precetti costituzionali con una evidente lesione dell'equilibrio di bilancio e della sana gestione finanziaria degli enti locali.

Come nasce la vicenda
Tutto comincia dall'esame del piano di riequilibrio del Comune di Lecce da parte della Corte dei conti Puglia che, con l'ordinanza n. 103/2020, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle norme contenute nell'articolo 39-ter (commi 2 e 3) del Dl 162/2019 che riguardano il ripiano del disavanzo derivante dalla reiscrizione del Fal nel consuntivo 2019 e la modalità di sterilizzazione dello stesso fondo, a partire dal bilancio 2020, che consente di finanziare le rate di rimborso delle anticipazioni con lo stesso accantonamento.
Secondo i giudici contabili con il meccanismo previsto dai due commi si determina un sistema di rientro scisso e indipendente dall'anno di formazione del disavanzo, che rimarrebbe calibrato esclusivamente sulla restituzione delle rate annuali delle stesse anticipazioni, con un'evidente deroga al regime di rientro previsto dall'articolo 9 della legge 243/2012 e dall'articolo 188 del Tuel, generando un potenziale fattore di rischio e di alterazione degli equilibri di bilancio. Secondo la sezione rimettente, infatti, l'articolo 39-ter violerebbe il principio di solidarietà intergenerazionale, facendo venir meno il carattere di eccezionalità di questa misura, con una evidente elusione del precedente giudicato costituzionale (sentenza n. 4/2020) attraverso il ripiano di un disavanzo equivalente a quello dichiarato illegittimo. Una norma, in sostanza, che può determinare una alterazione del risultato di amministrazione e della situazione debitoria effettiva, analogamente a quanto già stigmatizzato dalla Corte Costituzionale.

La decisione della Consulta
I giudici costituzionali ritengono fondate le censure mosse dalla Corte dei conti Pugliese poiché il dato letterale della norma, contenuta nel comma 3 dell'articolo 39-ter del Dl 162/2019, non lascia spazio a dubbi o a interpretazioni diverse, trattandosi di «locuzioni inequivocabili», contrariamente da quanto sostenuto dalla presidenza del consiglio dei ministri e dall'avvocatura generale dello Stato, che pure hanno affermato come la disposizione non avrebbe mai potuto consentire il finanziamento del rimborso delle rate in linea capitale delle anticipazioni con la stesso accantonamento a Fal, iscritto nel consuntivo dell'anno precedente, confermando, di fatto, le censure mosse dalla Corte dei Conti. È emerso, nella sentenza, come l'accantonamento per il Fal non può essere utilizzato per rimborsare la stessa anticipazione di liquidità o per ripianare il disavanzo pregresso. Secondo i giudici costituzionali la norma autorizza un illegittimo incremento della capacità di spesa precludendo un corretto ripiano del disavanzo. La sentenza n. 4/2020 non necessitava, infatti, di alcun intervento attuativo, da parte del legislatore, non essendo necessaria l'approvazione dei rendiconti antecedenti quella pronuncia. Gli enti locali avrebbero dovuto soltanto rideterminare, virtualmente, il risultato di amministrazione, anno per anno, secondo le regole vigenti, e ripianare l'eventuale maggior disavanzo, risultante dal ricalcolo, secondo le regole ordinarie previste dall'articolo 188 del TuelL. In sostanza vengono riconfermate tutte le censure già mosse con le sentenze n. 4/2020 e n. 115/2020, rilevando la violazione del principio di responsabilità democratica, con il differimento della copertura del disavanzo oltre il mandato elettorale, aggravato da una destinazione del Fal diversa da quella del pagamento dei debiti pregressi, permettendo di reperire nello stesso fondo le risorse per il rimborso annuale dell'anticipazione. In questo modo si produrrebbe un miglioramento fittizio del disavanzo, con l'effetto di esonerare gli enti dall'approvazione di un piano di rientro del deficit.

E ora?
A seguito della sentenza sia è aperta la partita più difficile per gli enti locali. Se da un lato gli effetti della pandemia non hanno inciso in maniera drastica sul gettito ordinario delle entrate locali, dall'altro lato il blocco della riscossione coattiva ha pesato, e pesa, moltissimo sui bilanci in termini di recupero delle entrate. I miglioramenti della riscossione, auspicati con l'introduzione dell'accertamento esecutivo grazie alla legge di bilancio dello scorso anno, sono rimasti congelati in attesa di tempi migliori, visti i risultati devastanti del Covid-19 sull'economia dell'intero paese. La decisione, oltretutto, interviene in un momento critico a ridosso dell'approvazione dei documenti di bilancio, i cui termini sono stati appena rinviati, e avrà un notevole impatto sui preventivi tanto più che molti Comuni sono in procinto di approvarli in consiglio o sono alle battute finali. Certo è che bisognerà trovare le coperture finanziarie sia per il ripiano del disavanzo che per il rimborso della rata in linea capitale delle anticipazioni di liquidità. L'illegittimità costituzionale della norma in commento potrebbe avere, infatti, un effetto indiretto anche sul rendiconto di gestione del 2020 poiché la norma risulta inficiata fin dall'origine, determinando, a seconda dei casi, un maggiore disavanzo o un minor avanzo di amministrazione, proprio a causa dell'impossibilità di applicare le soluzioni previste dal comma 3, ormai espunto dal nostro ordinamento giuridico. Si tratta, come si vede, di un bel rompicapo e dell'ennesima tegola che cade sulla testa degli amministratori locali che a questo punto rischiano di dover rimettere mano a tutto, dal rendiconto al bilancio di previsione. Certo è l'emergenza sanitaria ha portato con sé un anno di quasi stasi della gestione finanziaria degli enti locali, con riflessi nefasti sull'economia locale. Pensare ora di ripianare i disavanzi e di chiudere i bilanci con entrate tutt'altro che certe e riscuotibili rischia di far saltare i conti di moltissimi enti locali. Serve con urgenza una soluzione che affronti e traghetti in modo strutturale le possibili, e nemmeno tanto remote, crisi finanziarie che si scateneranno, a margine di un ulteriore rinvio, ormai necessario, dei consuntivi e dei preventivi, per capire come affrontare una decisione della Consulta la cui applicazione è tutt'altro che indolore.
(*)Componente del consiglio generale Anutel

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