Appalti

Nuovo codice, dall'alea del 5% alla limitazione alle prestazioni prevalenti: tutti i dubbi sulla revisione prezzi

Da chiarire (con i documenti di gara?) anche tutte le modalità applicative per il riconoscimento degli importi alle imprese incluso il rapporto con gli indici Istat

di Roberto Mangani

L'articolo 60 del Dlgs 36/2023 disciplina la revisione prezzi nei contratti pubblici. Viene così introdotto a regime ed in via ordinaria un meccanismo revisionale dei corrispettivi contrattuali che negli ultimi anni ha risposto a esigenze contingenti di carattere eccezionale e che ha trovato regolamentazione in provvedimenti normativi ad hoc.

L'obbligatorietà della revisione prezzi
Il primo elemento fondamentale della nuova disciplina è contenuto al comma 1. Viene specificato che nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l'inserimento delle clausole di revisione prezzi. La scelta del legislatore è quindi di ritenere obbligatorio che nel contratto di appalto siano inserite clausole che prevedano un meccanismo di revisione del corrispettivo. È una novità rilevante rispetto all'impostazione del Dlgs 50/2016 che nell'ambito dell'articolo 106 - relativo alle possibili modifiche contrattuali in corso di esecuzione - consentiva anche la revisione del corrispettivo ma a condizione che una tale possibilità – che non era quindi un obbligo – fosse stata prevista dall'ente appaltante con un'apposita clausola da inserire nella documentazione di gara.

Altra differenza fondamentale è che mentre nel Dlgs 50 il contenuto concreto del meccanismo revisionale – qualora l'ente appaltante avesse deciso di introdurlo - era lasciato alla totale discrezionalità dell'ente appaltante che lo poteva definire nelle relative clausole, con il Dlgs 36 gli elementi fondamentali di tale meccanismo sono indicati direttamente dal legislatore. Nell'ambito di questa cornice preliminare, la disciplina dell'articolo 60 pone alcune questioni interpretative che vanno esaminate nel dettaglio.

Le condizioni di operatività
Il comma 2 pone in primo luogo alcune condizioni che definiscono in maniera limitativa il contenuto delle clausole revisionali. Viene infatti precisato che tali clausole non devono apportare modifiche che alterino la natura generale del contratto (o dell'accordo quadro) e inoltre che si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva. Entrambe queste precisazioni suscitano perplessità. Quanto al divieto di alterare la natura generale del contratto, non si capisce bene cosa il legislatore abbia voluto intendere. L'eventuale alterazione della natura del contratto sembra far riferimento a elementi di ordine qualitativo, mentre la revisione prezzi opera sotto il profilo quantitativo, comportando una variazione della misura del corrispettivo. È possibile che il legislatore abbia traslato in maniera automatica la condizione contenuta nell'articolo 106 del Dlgs 50. Tuttavia, mentre in quella sede l'espressione aveva un suo significato, in quanto l'articolo 106 disciplina una serie di modifiche contrattuali molte delle quali attenevano anche a profili qualitativi, tale significato si perde con specifico riferimento alla revisione prezzi, che appunto non tocca tali profili. E che peraltro opera secondo un automatismo che prescinde da ogni valutazione discrezionale, ulteriore elemento che rende difficilmente configurabile una eventuale alterazione della natura del contratto, anche nell'ipotesi in cui la variazione del corrispettivo sia significativa.

Anche l'altra condizione secondo cui il meccanismo revisionale si attiva al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva suscita perplessità. È infatti evidente che la revisione prezzi opera a fronte delle variazioni dei costi – peraltro rilevati sulla base di indici ufficiali – che per loro natura hanno carattere oggettivo, a prescindere dagli specifici eventi che li hanno generati. Non vi sono - né vi possono essere - valutazioni di natura discrezionale sulla natura di tali eventi, poichè ciò che rileva è solo che le variazioni dei costi si siano verificate. Ne consegue che la condizione indicata appare da un lato inutile e dall'altro rischia di creare confusione.

Il meccanismo di funzionamento
Il meccanismo di funzionamento delineato dal comma 2 è apparentemente semplice. Per far operare la revisione del corrispettivo è necessario che si determini una variazione del costo dell'opera, della fornitura o del servizio – in aumento o in diminuzione - superiore al 5% dell'importo complessivo. In questo caso l'incremento del corrispettivo sarà pari all'80% della variazione stessa. Nonostante l'apparente semplicità, sono necessarie delle puntualizzazioni e si pongono alcune questioni interpretative. In primo luogo va evidenziato che la norma fa riferimento a variazioni dei costi sia in aumento che in diminuzione. Di conseguenza, sia pure in linea astratta – in quanto non è certamente l'ipotesi ordinaria – il corrispettivo contrattuale può aumentare ma anche diminuire, se le variazioni dei costi comportino una diminuzione degli stessi in misura eccedente il 5 per cento.

La soglia del 5% individuata per far scattare il meccanismo revisionale viene riferita all'importo complessivo. Nonostante l'espressione lasci qualche margine di ambiguità, appare evidente che tale importo vada identificato con l'importo del contratto stipulato.

Altro punto da valutare è come operi in concreto il meccanismo. Posto che l'incremento del corrispettivo contrattuale a titolo revisionale si ha solo se la variazione dei costi è superiore al 5 per cento, resta il dubbio se, una volta superata tale soglia, l'incremento vada calcolato per l'intera variazione o solo per la parte eccedente il 5%. Per esemplificare, qualora la variazione dei costi rilevata sia del 7%, occorre stabilire se l'incremento del corrispettivo debba essere pari al 7% o al 2% (7% meno 5%). In mancanza di una previsione che in relazione all'incremento a titolo revisionale faccia riferimento in maniera esplicita all'eccedenza rispetto alla soglia del 5%, si deve ritenere che la soluzione corretta sia la prima. Tuttavia, nonostante si ritiene che debba prevalere il dato letterale, la soluzione indicata non appare del tutto logica, posto che la ratio dell'istituto revisionale dovrebbe essere quella di far rientrare nell'alea dell'appaltatore le variazioni dei costi entro il limite del 5%. Se questo principio vale se le variazioni sono inferiori a tale soglia, non appare del tutto coerente che lo stesso principio non sia applicabile se tale soglia viene superata. Resta fermo, come sopra ricordato, che per determinare in concreto la misura dell'incremento del corrispettivo la percentuale di variazione non sia riconosciuta per intero, bensì nella misura dell'80% della stessa.

Lo stesso comma 2 contiene infine una precisazione che suscita molti dubbi. Viene infatti previsto che la revisione del corrispettivo operi «in relazione alle prestazioni da eseguire in maniera prevalente». L'espressione è tutt'altro che chiara. È presumibile che l'intento del legislatore fosse quello di limitare l'operatività della revisione prezzi esclusivamente a quella parte del corrispettivo corrispondente all'esecuzione delle prestazioni da qualificare come prevalenti: quindi i lavori della categoria prevalente negli appalti di lavori e quelle parti delle forniture e dei servizi qualificati come prevalenti.

Se questa è la corretta interpretazione emergono alcune considerazioni. La prima è che l'eventuale limitazione della revisione prezzi alle sole prestazioni prevalenti comporta in linea generale una significativa diminuzione dell'importo incrementale. La seconda è che, da un punto di vista strettamente operativo, può non essere sempre agevole operare la netta distinzione in fase esecutiva e di rendicontazione tra tipologie di prestazioni. Ma soprattutto non si comprende la ratio di questa previsione, poiché il meccanismo revisionale dovrebbe operare in maniera uniforme e generalizzata in relazione all'intero corrispettivo di appalto, cioè con riferimento a tutte le prestazioni oggetto del contratto. E ciò in quanto l'eventuale incremento dei costi interviene in maniera trasversale, senza alcuna differenza in relazione alla tipologia di prestazioni.

Gli indici Istat
Per determinare la misura dell'incremento dei costi il comma 3 indica gli indici sintetici elaborati dall'Istat così definiti:

a) indici sintetici del costo di costruzione, relativamente ai lavori;
b) indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell'industria e dei servizi e gli indici delle retribuzioni contrattuali orarie, relativamente ai servizi e alle forniture.

Il successivo comma 4 prevede tuttavia che con provvedimento adottato dal ministero delle Infrastrutture, sentito l'Istat, possano essere individuate ulteriori categorie di indici. Sempre ai sensi del comma 4 gli indici sono pubblicati, unitamente alla relativa metodologia di calcolo, sul portale istituzionale dell'Istat.

Le modalità applicative
La norma non disciplina le modalità applicative per il riconoscimento dell'importo revisionale. Non vengono cioè stabilite le scadenze temporali entro cui deve essere operata la revisione del corrispettivo né quali siano gli indici che, sempre sotto il profilo temporale, devono essere presi in considerazione. Questa mancata regolamentazione ha effetti anche sotto altri aspetti. Ad esempio, resta da chiarire se il meccanismo revisionale operi solo per i contratti pluriennali o anche per quelli infrannuali; o ancora come gli indici Istat trovino concreta applicazione. Si ritiene che la puntuale definizione di tali aspetti debba essere contenuta nelle clausole di revisione prezzi che gli enti appaltanti inseriranno nella documentazione di gara, nell'esercizio della loro discrezionalità. Con il rischio tuttavia che venga meno l'uniformità di disciplina in merito alle concrete modalità applicative del meccanismo revisionale.

Le risorse economiche
Il comma 5 indica le risorse cui gli enti appaltanti possono attingere ai fini del riconoscimento della revisione prezzi, nei seguenti termini:

- in primo luogo le risorse accantonate per imprevisti nel quadro economico dell'intervento, nel limite massimo del 50%, decurtate di quelle oggetto di impegni contrattuali già assunti;

-le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante stanziate annualmente in relazione all'intervento;

-le somme derivanti dai ribassi d'asta, se non è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti;-le somme residue relative ad altri interventi della medesima stazione appaltante in quanto disponibili e purchè siano già stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione.

La definizione puntuale delle fonti di finanziamento cui attingere per far fronte agli incrementi dei corrispettivi di appalto a titolo di revisione prezzi comporta ovviamente che tali incrementi potranno avvenire solo a condizione che le relative risorse siano capienti. Il che implica l'esigenza che le clausole contrattuali in materia di revisione prezzi indichino con chiarezza tale aspetto.

Il principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale
Occorre ricordare che il Dlgs 36 elenca tra i principi generali dei contratti pubblici quello di conservazione dell'equilibrio contrattuale (articolo 8).Per la prima volta viene espressamente previsto nell'ambito della disciplina pubblicistica il diritto alla rinegoziazione del contratto, astrattamente a favore di entrambi i contraenti ma nella pratica normalmente a vantaggio dell'appaltatore.

L'esercizio di tale diritto è soggetto ad alcune condizioni:

a) l'equilibrio contrattuale originario deve essere stato alterato in maniera rilevante;
b) tale alterazione deve essere dovuta a circostanze straordinarie e imprevedibili;
c) queste circostanze devono estranee alla normale alea contrattuale, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato.

In presenza di tali condizioni il contraente che ne è svantaggiato può chiedere la rinegoziazione del contratto, al solo fine di ristabilire l'originario equilibrio economico del contratto. Tale rinegoziazione deve essere favorita dalle stazioni appaltanti attraverso l'introduzione nei contratti di apposite clausole.

Al di là delle diverse opzioni interpretative e delle specifiche soluzioni applicative, l'introduzione di tale principio offre piena legittimazione nell'ordinamento dei contratti pubblici a istituti di natura privatistica (eccessiva onerosità sopravvenuta, impossibilità parziale della prestazione) la cui applicabilità – peraltro non aprioristicamente esclusa nel precedente regime normativo - viene espressamente sancita. È peraltro evidente che il principio affermato e le eventuali clausole che saranno inserite dalle stazioni appaltanti in attuazione dello stesso sono destinate a sovrapporsi alla disciplina della revisione prezzi contenuta nell'articolo 60, con inevitabili sovrapposizioni e relative esigenze di coordinamento.

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