Progettazione

Nuovo codice, sbagliato liberalizzare l'appalto integrato: chi paga il progetto definitivo a chi non vince?

INTERVENTO. Anche in questa fase di estrema difficoltà esistono stazioni appaltanti che chiedono di produrre gli eleaborati gratuitamente in sede di offerta

di Giorgio Lupoi (*)

È calendarizzata per il prossimo 8 febbraio la conclusione dell'esame in Parlamento del nuovo codice appalti nella formulazione definita dal Consiglio di Stato e rivista dal ministero delle Infrastrutture. Lo schema di decreto legislativo, all'articolo 44, tratta la disciplina dell'appalto integrato sostanzialmente liberalizzandone l'utilizzo.

L'affidamento dei lavori potrà avvenire sulla base del progetto di fattibilità tecnico - economico e all'impresa aggiudicataria che, oltre la realizzazione dei lavori, avrà il compito di redigere anche la progettazione esecutiva, eventualmente con progettisti da lei scelti. Addio alla centralità del progetto, punto cardine per progettazioni di qualità, adeguatamente verificate in grado di garantire il rispetto di tempi e costi.

Il codice del 2016 aveva abbracciato questo indirizzo salvo poi smontarlo, erroneamente, con decreti legge "sblocca cantieri" e con semplificazioni in nome del Pnrr. Lo strumento dell'appalto integrato ha infatti senso solo per ragioni tecniche derivanti dalla complessità dell'intervento. Giustificarne l'utilizzo, con la scusa che così si fa prima e meglio, è banalmente un falso. È vero il contrario: i tempi di produzione del progetto si incrementano perché il progetto verrà redatto da chi non si è occupato del preliminare e il rischio di riduzione della qualità e di incremento dei costi è maggiore avendo inserito interessi contrastanti. È così difficile comprendere una cosa così evidente?!

A questo quadro davvero sconfortante dobbiamo aggiungere poi le folli scelte di qualche bando che, nell'utilizzare legittimamente l'appalto integrato per interventi del Pnrr sul Pfte, chiede a tutti i concorrenti di produrre in sede di offerta il progetto definitivo, aggiungendo che il progetto definitivo presentato in sede di offerta viene ceduto gratuitamente alla stazione appaltante è che quindi il concorrente «rinuncia espressamente a qualsivoglia diritto di natura intellettuale e patrimoniale, direttamente o indirettamente, connesso al progetto definitivo presentato, ivi compreso il diritto all'equo compenso, previsto dall'art. 2578 c.c.» .

La stazione appaltante precisa che «il corrispettivo per il progetto definitivo presentato in sede di offerta sarà riconosciuto esclusivamente in favore del concorrente che risulterà aggiudicatario».

Che sia legittimo non vuol necessariamente dire abbia un qualche senso logico, in un momento in cui tutto il settore delle costruzioni (professionisti, società e imprese) è alle prese con carichi di lavoro mai visti negli ultimi anni. Non si tratta di una questione economica o "sindacale" ma di evitare uno spreco di risorse e segnalare la necessità di una messa a sistema dell'impegno Paese per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Pnrr.

Consapevoli dell'importanza dell'occasione del Pnrr, riteniamo nostro dovere, in quanto rappresentanti delle società di ingegneria italiane, evidenziare con forza che, con queste scelte poco avvedute, il Paese rischia di perdere di vista oggi il suo obiettivo principe e domani, con un codice che trascura la progettazione, il senso logico delle cose: il progetto, pur suddiviso in varie fasi, è una opera unitaria e con le sue innovazioni tecnologiche, come ad esempio il Bim, non può che essere centrale nel processo realizzativo delle opere: va senz'altro affidato a chi ha dimostrato di saperlo fare e non sia contaminato da interessi contrastanti.

(*) Presidente Oice

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