Personale

Obbligo di rimborso Inail al dipendente anche se l’infortunio nasce da imprudenza

di Federico Gavioli

L'ipotesi che il dipendente comunale, durante una pausa di lavoro, si infortuni anche a seguito di un comportamento imprudente, non fa venir meno la responsabilità del Comune che, in qualità di datore di lavoro, è comunque tenuto alla prevenzione rispetto a eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 12807/2018, ha respinto il ricorso di un Comune che aveva impugnato la sentenza dei giudici di secondo grado, che lo avevano chiamato a rispondere del pagamento del danno all'Inail per l'infortunio di un suo dipendente.

Il contenzioso
Un Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello del 2012, la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, lo ha ritenuto responsabile dell'infortunio sul lavoro occorso a un suo dipendente e conseguentemente lo ha condannato a rimborsare all'Inail una cifra di poco inferiore ai 39mila euro.
Il Comune ricorrente, nel ricorso in Cassazione sostiene, con l'unico motivo, che l'infortunio sarebbe da riportare a colpa esclusiva del lavoratore, il cui comportamento integrava gli estremi del rischio elettivo.
Per l'ente locale il comportamento è individuato nel fatto che dipendente comunale, in piedi sul predellino posteriore del camion di raccolta dei rifiuti, al momento del passaggio in una strettoia tra due muri, si era sorretto sulla barra laterale, e non su quella orizzontale, così finendo con la mano schiacciata tra la barra e il muro del limitrofo edificio.

L'analisi dei giudici di legittimità
Per i giudici di legittimità il ricorso è da rigettare. La Cassazione, nel richiamare in merito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ritiene che il comportamento del dipendente comunale non ha le caratteristiche proprie del rischio elettivo che si determina nelle ipotesi in cui venga tenuto dal lavoratore una condotta «abnorme, inopinabile ed esorbitante che si ponga “al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico» con la prestazione e, quindi, non rientrante nella copertura dell'obbligo di sicurezza datoriale, notoriamente esteso, viceversa, alla prevenzione rispetto ad eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore.
Per i giudici di legittimità non ha neppure rilievo il fatto, che nel ricorso il Comune abbia indicato che il dipendente al momento dell'infortunio stesse fumando. Quanto dichiarato nel ricorso dell'ente locale e cioè che il lavoratore «per fumare e stare in equilibrio sul predellino pone la mano dove non dovrebbe senza a ben vedere spiegarsi, data la genericità dell'affermazione, quale fosse la concreta dinamica che possa in ipotesi esplicitare un concreto nesso causale tra l'atto del fumare e l'avere posto la mano sulla barra laterale, in quanto, ad esempio, addirittura il fatto che l'altra mano sorreggesse la sigaretta, è escluso dal tenore della deposizione testimoniale riportata nel medesimo ricorso per cassazione».

La sentenza della Corte di cassazione n. 12807/2018

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