Ok del governo al decreto Pnrr 3, saltano le assunzioni negli enti locali
Ok al decreto che accentra a Palazzo Chigi i poteri su attuazione e revisione del Piano. In conferenza decisioni entro 30 giorni. Saltano le assunzioni extra negli enti locali, nuovo decreto in 15 giorni
Più poteri di controllo a Palazzo Chigi, più forze in campo al Mef per la gestione e la rendicontazione dei fondi, tempi più brevi per le conferenze dei servizi e più personale stabile, ma per ora solo in alcune amministrazioni centrali a partire dal Mef. Regioni ed enti locali dovranno invece aspettare un nuovo decreto, che potrebbe arrivare in 15-20 giorni.
Il consiglio dei ministri di ieri ha dato il via libera al decreto Pnrr ter, il primo targato Meloni, che rivede la governance del Piano e introduce una nuova ondata di tentativi di accelerazione all’attività delle amministrazioni. La ragione è semplice da inquadrare: dopo gli anni iniziali del Piano, in cui il cronoprogramma era dominato da obiettivi “formali” da raggiungere con l’approvazione di decreti e cornici di avvio dei bandi, ora il calendario cambia pelle, e punta sempre di più sui target sostanziali: opere da realizzare, asili nido da aprire, alloggi universitari da assicurare, spesa effettiva da realizzare. E l’allarme a Palazzo Chigi suona altissimo, dopo che a fine 2022 il registratore di cassa segnava un’uscita reale intorno a 12-13 miliardi, un terzo del previsto, peraltro assorbiti per una quota importante da incentivi automatici come quelli di Transizione 4.0. Il decreto prende forma mentre si torna a parlare del mese in più, concordato con l’Italia a fine anno, che la Ue si prende per l’esame del secondo semestre 2022: la risposta sulla terza rata da 19 miliardi arriverà a marzo.
Per rimediare ai ritardi già accumulati, il decreto fa essenzialmente due cose. Prima di tutto torna sul tema da sempre controverso della divisione dei poteri, già al centro delle convulsioni finali prodotte nel governo Conte-2 dal tentativo del leader M5S di accentrare tutto a Palazzo Chigi. Ora l’operazione riesce, alla luce della delega politica espressamente assegnata al ministro Raffaele Fitto sulla gestione del Piano. A lui, oltre che alla premier Meloni, risponderà la nuova Struttura di missione che avrà le funzioni «di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica» del governo sull’attuazione del Pnrr ma anche sulle «verifiche di coerenza» che guideranno le richieste di revisione del Piano. Il governo dovrà presentarle alla Ue entro la fine di aprile. Al Mef cresce invece la struttura di controllo e rendicontazione dei flussi finanziari, che diventa un Ispettorato generale articolato in otto uffici di livello dirigenziale. Anche i ministeri potranno rivedere o cancellare le loro unità di missione ,che il governo Draghi aveva messo al riparo dallo spoils system fino al 2026.
La seconda mossa è quella della semplificazione, con una ricca serie di interventi chiamati a tagliare i tempi delle procedure. Fra questi spicca il nuovo dimezzamento dei termini delle decisioni in conferenza dei servizi, da assumere in 30 giorni (erano 60 secondo il Dl semplificazioni del 2020), e della finestra per evitare il commissariamento in caso di inerzia che si riduce da 30 a 15 giorni. Estese a tutto campo le procedure veloci per le infrastrutture.
Ma nel testo esaminato ieri a Palazzo Chigi si notano anche delle assenze. Salta la norma che avrebbe permesso fino a 10mila assunzioni negli enti territoriali, che invece trovano l’ampliamento degli spazi per gli incarichi dirigenziali a termine (fino al 50% dell’organico). Del personale locale si riparlerà però nelle prossime settimane in un nuovo decreto chiamato a recuperare molte norme uscite di scena ieri. Fuori dal testo anche la proroga dello scudo erariale contro cui si è schierata la Corte dei conti e le nuove regole sulle crisi d’impresa.