Il CommentoPersonale

Organici e fabbisogni, occorre stare dietro ai cambiamenti

di Enrico Caterini e Ettore Jorio

Si parla molto dell'assenza delle politiche attive del lavoro, tanto da fare naufragare l'utilità del reddito di cittadinanza. Esse sono quelle esercitate attraverso le iniziative messe in campo dalle istituzioni, nazionali e locali, per «promuovere l'occupazione e l'inserimento lavorativo» (governo.it, docet).
Al riguardo, una disattenzione totale e tanta irragionevolezza nella determinazione del quantum disponibile persino nel pubblico impiego, specie negli enti locali, nelle Regioni e negli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale. Nessuna lungimiranza dei decisori preposti a gestire il sistema autonomistico territoriale in funzione di farlo ripartire con il personale che merita, impedendogli così di generare crescita correggendo ciò che non fa e immettendo in organico la migliore linfa giovanile.

Il fabbisogno reale è una chimera
Nelle abitudini delle amministrazioni pubbliche vige l'assurdità di far diventare il passato il presente se non addirittura il futuro. Tutto questo risiede nella oramai consolidata metodologia che si attua ordinariamente nell'elaborare gli strumenti di programmazione dei relativi organici burocratici.
Il testo unico del pubblico impiego (il vigente Dlgs 165/2001) individua, agli articoli 6-6 ter, nella programmazione triennale concertata il documento propedeutico all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse pubbliche e delle perfomance, secondo i principi/obiettivi dell'efficienza, economicità e qualità dei servizi e delle prestazioni offerti. Dunque, impone alla Pa tutta la redazione annuale di un pacchetto formato da tutti gli strumenti per programmare al meglio le attività da svolgere e i risultati da conseguire.
Il legislatore del 2017 ha demandato ad apposite linee guida emanate della Funzione Pubblica la definizione dei percorsi, dei criteri e dei principi cui devono attenersi i decisori politici per far sì che il loro potere di indirizzo politico-amministrativo traduca in concreta realtà l'obiettivo dai medesimi definito nell'anno in corso e nei due anni successivi. Linee guida approvate un anno dopo, più esattamente con il decreto del Ministro della Salute 8 maggio 2018 (Registrato presso la Corte dei Conti il 9 luglio 2018 e pubblicato sulla Gazzetta n. 173/2018).

Un metodo non semplice ma meritevole di un totale ossequio
Al di là del cambio di passo, più lessicale che nella vera concretezza, nel ritenere mandato in soffitta il criterio della dotazione organica, le linee di indirizzo ministeriale, funzionali alla corretta predisposizione dei piani triennali dei fabbisogni (PTFP) di personale della Pa, impone per la loro redazione una accurata analisi e una accurata individuazione delle esigenze pubbliche da soddisfare. Ciò nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e dell'irrinunciabile obbligo di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni (i Lep) uniformemente sul territorio nazionale. Dunque, al fine di rispettare l'introdotto concetto di fabbisogno di personale, necessita affrontare da parte di ogni Pa agente un preventivo studio di tipo quantitativo e qualitativo, ovviamente tenendo conto dei compiti istituzionali assegnati dall'ordinamento. Quantitativo nel senso di determinare la quota numerica occorrente per assicurare le funzioni fondamentali, suddiviso per sub-quote determinate dall'insieme di attività omogenee ovvero per processi da gestire. Qualitativo nel senso di prevederlo con riferimento alle tipologie e competenze professionali «meglio rispondenti alle esigenze dell'amministrazione stessa, anche tenendo conto delle professionalità emergenti in ragione dell'evoluzione dell'organizzazione del lavoro e degli obiettivi da realizzare». Ed è qui che casca l'asino ovunque, con grave pernicioso pericolo per l'utenza nell'ambito della sanità pubblica.
A rilevazione metrica del fabbisogno reale inesistente e in difetto assoluto di analisi, attesa l'assenza della prima che consentirebbe l'applicazione di criteri adatti a conseguire l'obiettivo di soddisfare le esigenze nei confronti dei quali la mission della Pa trova le sue ragioni, si improvvisa tutto. Ci si limita a confermare gli organici pregressi al netto dei cessati dal lavoro per età e quelli cessandi nel biennio successivo. E così via dal 2018 a oggi. Ad aggiungere al personale in servizio quelli in quiescenza e quelli prossimi ad arrivarci.

Occorre stare dietro ai cambiamenti
Il tempo passa inesorabilmente e non solo per le donne e gli uomini, per le cose soggette a invecchiamento, per le piante e gli animali che crescono e muoiono con questo occorre modificare l'offerta dei pubblici servizi. In un mondo ove la trasformazione delle esigenze cambia velocemente, perché i vecchi bisogni vanno in pensione e se ne aggiungono di altri, è obbligo per la Pa di considerare ciò anzitempo impegnandosi a rilevare gli attuali con metodologie fisico-scientifiche credibili. Con questo le analisi preventive devono essere supportate da un preventivo lavoro sul campo e tenendo conto delle tecnologie di ultima generazione che consentano di sostituire la persona ovvero di richiedere tipologie professionali in grado di ben adoperarle. L'intelligenza artificiale oramai ovunque alle porte farà il resto, con la previgente necessità di oggi di tenerla già in pratica considerazione per non rischiare dei dolorosi flop di organico e di funzionamento della Pa.