Personale

Pa, solo un mini-ritocco per il tetto ai fondi decentrati

Rush finale sulle trattative per il nuovo contratto. Obiettivo chiusura entro il 15

di Gianni Trovati

Una serie di correttivi nel nome della flessibilità provano spianare la strada verso la firma al nuovo contratto di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici. A indicare il traguardo all’orizzonte è anche il tradizionale serrarsi del calendario negoziale fra l’Aran, che ieri ha presentato un testo quasi completo del nuovo contratto in 81 pagine, e i sindacati. La riunione di ieri è durata tutto il giorno, e lunedì è in programma la prossima in un rush finale che punta a esaurire i punti ancora in discussione e arrivare all’intesa entro il 7-8 dicembre o al più tardi entro il 15. I temi ancora aperti fra Aran e sindacati non mancano, a partire da alcuni calcoli economici e dal progetto di far partire vuota l’area delle «elevate professionalità» da riempire poi con il reclutamento Pnrr. Ma la trattativa ha fatto in queste settimane passi in avanti.

La carriera

Più elastiche rispetto alle ipotesi iniziali diventano le regole sulla carriera degli statali, mossa dalle promozioni («progressioni verticali» fra le aree) e dai «differenziali stipendiali» per premiare l’esperienza. Sul primo punto, la novità più rilevante è data da una deroga che «in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento» permetterà alle Pa di far salire il personale interno dalla prima alla seconda area anche senza diploma e dalla seconda alla terza anche senza laurea, i requisiti imposti invece a chi arriva dall’esterno per entrare fra gli «assistenti» (diploma) e i «funzionari» (laurea). La deroga è motivata dall’obiettivo di «tener conto dell’esperienza e delle professionalità maturate ed effettivamente utilizzate» dai dipendenti, che andranno testate nelle procedure selettive; ma serve anche per superare le obiezioni delle principali sigle sindacali.

Gli aumenti

Nei «differenziali stipendiali», la valutazione individuale che si candidava al ruolo di parametro unico per l’attribuzione degli aumenti dovrà invece pesare per almeno il 40%; fino al 40% del punteggio potrà contare «l’esperienza professionale maturata» e il resto sarà coperto dai criteri individuati dalla contrattazione decentrata. Gli integrativi potranno accorciare a due anni (o allungare a quattro) l’attesa triennale per concorrere a un nuovo differenziale. Le porte si aprono poi anche a chi negli ultimi due anni abbia subito una sanzione leggera come il rimprovero scritto.

Il tetto agli integrativi

Il tentativo di dare più peso alla valutazione individuale resta nella disciplina del fondo delle risorse decentrate, che mantiene l’obbligo di destinare a questa voce almeno il 30% delle risorse. In questo capitolo il passaggio chiave è però relativo al tetto del fondo per finanziare le parti variabili della retribuzione. Tetto che non viene cancellato, operazione impossibile senza far saltare le garanzie sulla sostenibilità dei costi, ma ritoccato grazie ai 200 milioni previsti dalla manovra. In pratica le Pa potranno modificare il limite di qualche decimale del monte salari, fino a concorrenza della propria quota dei 200 milioni.

Lavoro agile

Qualche novità arriva poi per lo Smart Working, che oggi attende il nuovo confronto sulle Linee guida ministeriali. L’articolazione nelle tre fasce di «operatività», «contattabilità» e «inoperabilità» diventa opzionale, nel senso che la prima potrà essere assente in linea con la previsione che lo Smart Working sarà senza vincoli di orario (a differenza del lavoro da remoto). Nei giorni di lavoro agile, come precisano le Linee guida, non ci potranno essere le indennità di straordinario, trasferta, rischio e disagio. Anche la previsione che la Pa fornisca la strumentazione tecnologica al lavoratore agile, indicata come presupposto irrinunciabile dalle prime bozze di Linee guida, si trasforma in una regola derogabile («di norma...») per non alzare di fronte allo Smart Working un ostacolo che in molte Pa sarebbe insuperabile.

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