Appalti

«Pantouflage», paletti validi solo per ex dipendenti che hanno esercitato poteri di comando o negoziali

Legittima l'aggiudicazione di un appalto ad un operatore economico in cui operano ex dipendenti pubblici con compiti solo esecutivi

di Dario Immordino

È legittima l'aggiudicazione di un appalto pubblico ad un operatore economico che abbia conferito incarichi di amministratore, professionali o di lavoro subordinato ad ex dipendenti di Pa, enti pubblici economici o soggetti esercenti attività e funzioni, che presso i precedenti datori erano addetti a compiti esecutivi e non complessi.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza 7462/2020, sull'assunto che il divieto di svolgere prestazioni lavorative o professionali presso soggetti privati destinatari dell'attività pubblica svolta nei tre anni precedenti vale esclusivamente per gli ex dipendenti di amministrazioni, enti pubblici economici società, enti organismi in controllo pubblico che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali.

Il divieto di cd pantouflage costituisce uno degli strumenti approntati dalla legge 190/2012 per preservare l'oggettività, l'imparzialità, la trasparenza, il buon andamento dell'azione pubblica, prevenendo e contrastando forme di condizionamento dell'attività di dipendenti delle Pa di soggetti che a vario titolo esercitano funzioni pubbliche.

In tal senso il divieto mira a ridurre il rischio che soggetti privati possano esercitare pressioni o condizionamenti in relazione allo svolgimento dei poteri pubblici, prospettando al dipendente opportunità di assunzione o incarichi una volta cessato dal servizio.

Questo "schermo" tra attività pubblica ed interessi privati dovrebbe scoraggiare comportamenti impropri dei funzionari investiti di funzioni pubblicistiche, prevenendo l'eventualità che durante il periodo di servizio, possano sfruttare la propria posizione per precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose presso il soggetto privato con cui entrano in contatto nell'esercizio della propria attività lavorativa.

Per estendere il perimetro dell'attività pubblica immune da condizionamenti derivanti da interessi esterni la disciplina normativa, le circolari in materia, il Piano nazionale anticorruzione e gli atti e gli indirizzi dell'Anac hanno progressivamente ampliato l'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione del divieto di pantouflage.

Sotto il primo profilo è stato chiarito che l'esercizio dei poteri autoritativi e negoziali che origina il divieto consiste nell'emanazione di provvedimenti amministrativi e nella partecipazione all'attività istruttoria, ad esempio attraverso la elaborazione di atti endoprocedimentali obbligatori che vincolano il contenuto della decisione (quali pareri, perizie, certificazioni), nel perfezionamento di negozi giuridici mediante la stipula di contratti in rappresentanza giuridica ed economica dell'ente o nell'adozione di atti e provvedimenti afferenti al riconoscimento di autorizzazioni e concessioni, all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi e vantaggi di qualunque genere, o di provvedimenti che incidono unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei destinatari.
Sotto il profilo soggettivo il divieto di pantouflage interessa dirigenti, funzionari che svolgono incarichi dirigenziali o esercitano funzioni apicali, dipendenti cui sono state conferite apposite deleghe di rappresentanza all'esterno o che hanno comunque esercitato il potere di incidere in maniera determinante sull'adozione di atti e provvedimenti oggetto dell'attività autoritativa e negoziale dell'Amministrazione o dell'ente di appartenenza, nonché "soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo" (art. 21 co. 1 del d. lgs 39 del 2013).

Per garantire l'efficacia deterrente dell'istituto è stato approntato un severo sistema sanzionatorio, incentrato sulla nullità dei contratti conclusi e degli incarichi conferiti all'ex dipendente pubblico dai soggetti privati, sull' obbligo di restituzione dei compensi percepiti e accertati per lo svolgimento dell'incarico e, soprattutto, sulla preclusione della possibilità di stipulare contratti con la pubblica amministrazione per l'operatore economico che, in violazione del divieto, assuma l'ex dipendente pubblico o gli conferisce un incarico che, a qualsiasi titolo, comporti lo svolgimento di attività lavorativa o professionale.

In attuazione di tali disposizioni le pubbliche amministrazioni e la vasta gamma di soggetti, enti società che esercitano funzioni pubbliche devono inserire negli atti di gara strumenti idonei a inibire la partecipazione alle procedure di appalto di soggetti responsabili della violazione del divieto di pantouflage.

Al riguardo i "filtri" più comuni sono costituiti dalla previsione di clausole, requisiti di ammissione e cause di esclusione calibrati, in modo da garantire l'accesso alle gare ai soli operatori economici che attestano di non deve aver stipulato contratti di lavoro o comunque attribuito incarichi a ex dipendenti soggetti al divieto e d l'esclusione di quelli economici che abbiano affidato incarichi in violazione dell'art. 53, c.16-ter, del d.lgs. del n. 165/2001.
Questo regime, che rafforza la tutela dell'interesse pubblico e degli imprescindibili valori che debbono presiedere allo svolgimento dei poteri pubblici, comporta con tutta evidenza un rilevante condizionamento dei diritti e delle libertà dei dipendenti e degli operatori economici interessati (autonomia dell'organizzazione aziendale ecc).

Di conseguenza l'applicazione del divieto di pantouflage deve essere contenuta entro gli invalicabili limiti della ragionevolezze, ai sensi dell'art. 3 Cost.

Ciò comporta le necessità di limitarne il perimetro applicativo alle sole ipotesi e fattispecie in cui l'assunzione di rapporti di lavoro o incarichi alle dipendenze di oggetti privati possa determinare un rischio concreto di pregiudizio dei principi di imparzialità, trasparenza, oggettività, e buon andamento sub specie di efficienza ed economicità dell'azione pubblica.
In tal senso il confine tra fattispecie "innocue" e "pericolose" è stato individuato nella titolarità e nell'esercizio, da parte del dipendente soggetto al divieto, di poteri autoritativi e negoziali, motivo per cui, in assenza di tali presupposti, non può ritenersi soggetto ad alcuna limitazione il diritto degli ex lavoratori pubblici di scegliere liberamente il nuovo datore e quello degli operatori economici di selezionare i propri dipendenti sulla base dei propri parametri.

Ciò posto la sentenza rileva altresì che la nozione di conflitto di interessi delineata dall'art. 42, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, da prendersi a riferimento nell'ambito delle procedure di gara pubblica ai fini dell'affidamento di una determinata attività ad un funzionario, implica l'accertamento della concreta sussistenza di interessi personali o di terzi, suscettibili di inquinare l'azione pubblica.

Di conseguenza tale fattispecie di conflitto di interessi non può ritenersi sussistente in astratto, sulla base di un pregresso rapporto di conoscenza, amicizia, colleganza di un rappresentante di uno dei concorrenti con i componenti della commissione di gara, ma deve essere verificata in concreto, sulla base di prove specifiche, o per lo meno di indizi concreti che dimostrino la sussistenza di un interesse comune tra concorrenti e commissari.

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